Ci ritroveremo con una riforma già fatta della quale nessuno si prenderà la responsabilità. Un po' come successe con il bail-in (il «salvataggio interno» delle banche a carico dei risparmiatori), commentava ieri un esperto di questioni europee. Da qualche giorno è tornata d'attualità la riforma dell'Esm (o Mes) il Meccanismo europeo di stabilità. Con convergenze inedite: il leghista Claudio Borghi d'accordo con Ignazio Visco e anche Forza Italia, anima europeista del centrodestra, critica con le novità che arrivano da Bruxelles.
Ad accendere la miccia le dichiarazioni del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, della settimana scorsa sui «rischi enormi» della riforma. Ieri, sotto accusa, più che l'Ue, è finito il premier Giuseppe Conte. In primo luogo con un tweet del leader della Lega Matteo Salvini nel quale si ipotizza che «nei mesi scorsi, Conte o qualcuno abbia firmato di notte e di nascosto un accordo in Europa per cambiare il Mes» e «piallare il risparmio degli italiani. Non lo lasceremo passare». Lucio Malan, vice capogruppo dei senatori di Forza Italia, ha chiesto al premier di spiegare, anche perché gli azzurri già a luglio avevano denunciato l'accordo e le possibili «conseguenze sul debito pubblico italiano e sul sistema bancario e creditizio». Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia ha parlato di «alto tradimento». Persino dai M5S, sia pure attraverso la voce critica di Gianluigi Paragone, è arrivata la richiesta al premier di riferire in Parlamento.
In serata la replica di Palazzo Chigi. Intanto la denuncia delle «notizie infondate e false» di Salvini. Perché la revisione del trattato sul Salva stati «non è stata ancora sottoscritta». La firma «è calendarizzata per il prossimo mese di dicembre». La risposta delle fonti della presidenza del consiglio non dimentica di ricordare che il Parlamento «ha un potere di veto sull'approvazione definitiva della revisione del trattato». «Un prendere o lasciare inaccettabile. Non c'è stato modo di discutere del merito della riforma», denuncia Borghi.
Ed effettivamente il problema è, come nel caso del regolamento che introdusse il bail in, una carenza di informazione. Vero, come dice Palazzo Chigi, che non ci sono novità. Né patti segreti dell'ultima ora. Il testo che ha fatto scattare l'allarme di Bankitalia è quello approvato all'Eurogruppo del 21 giugno del 2019.
La riforma del nuovo Salva stati prevede due possibili linee di credito. Una per i Paesi in regola con i vincoli di bilancio: quindi deficit sotto il 3% del Pil, pareggio strutturale di bilancio, debito Pil sotto il 60%. L'altra per quelli che non rispettano questi criteri. Quindi l'Italia.
Per questi il prestito è subordinato alla sottoscrizione di un percorso di riforme e risanamento. Ad attivare il tutto sarebbe un organismo - il Mes appunto - che è indipendente dalla Commissione Ue e quindi dalla politica. Il rischio maggiore per l'Italia sono le clausole di azione collettiva, grazie alla quale i creditori di uno stato sovrano possono imporre una ristrutturazione del debito. Ma non sono escluse misure fiscali extra, ad esempio la patrimoniale.
Il solo evocare la cura del nuovo Esm, rischia di fare scappare gli investitori ed esporre il Paese a rischio default.
E, ancora prima, di esporre le banche allo stesso rischio. A muovere Visto è stata questa prospettiva.Ora restano due tappe per capire cosa succederà. I vertici Ue di dicembre. Poi la ratifica del trattato in Parlamento. E c'è già chi scommette su una bocciatura delle Camere.
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