Le aziende: «Un colpo mortale»

Gli industriali: «Entro il 2017 perdite per quasi 2 miliardi»

Maya del Nero

C'è chi come Leonardo (Finmeccanica) potrebbe rivedere le proprie strategie industriali e chi, come Fca getta acqua sul fuoco in questa giornata storica che, sancendo l'uscita degli inglesi dall'Europa, ha mandato in tilt le Borse mondiali. Che siano grandi imprese quotate o piccole eccellenze del made in Italy, per ora, le aziende italiane che hanno rapporti commerciali con (e in) Uk sono ferme in attesa di chiarimenti. In termini generali però l'impatto, almeno sul fronte dell'export, si può già quantificare. La Gran Bretagna rappresenta, infatti, per l'Italia il quarto mercato di sbocco, con oltre 22 miliardi di beni made in Italy acquistati nel 2015. E Sace (la società che supporta l'internazionalizzazione delle imprese) ha stimato l'impatto - in termini di mancate vendite future - fissando il danno commerciale della Brexit tra 200-500 milioni nel 2016, per arrivare fino a 1,7 miliardi nel 2017. Un mancato introito che potrebbe essere generato dalla riduzione degli acquisti, ma anche dall'introduzione di possibili dazi (in area 5%) che avrebbero l'effetto di erodere i margini delle aziende coinvolte. Ma quali sono i nomi noti più attivi Oltremanica? Yoox (che ieri ha perso il 9,7%), Tod's (-7,8%), Moncler (-9%), Ferragamo (-7,3%), Luxottica (-3,33%), Leonardo (-11,9%), Prysmian (-12,5%), Ferrari (-4,8%), Fca (-9,3%), Cnh (-6,9%), Stm (-6,2%), Campari (-4,2%), Eni (-9,1%), Erg (-5,9%), Falck Renewebles (-9,6%) sono tra le teste di serie quotate. E Ferrero, Calzedonia, Chicco.tra le altre centinaia. Premesso che lo scenario non è ancora chiaro - commenta Adriano Bianchi managing director di Alvarez & Marsal in Italia non ci dovrebbero essere grane di tipo legale per queste aziende, visto che la legge inglese è in buona parte mutuata da quella Europea. Ma su 4 fronti c'è incertezza: in primis su quello fiscale. L'uscita dalla Ue - spiega - implica che gli Uk possano modificare il regime Iva, le merci in entrata e in uscita potranno essere soggette a tasse di importazione; il pagamento di dividendi da consociate Uk o da consociate Ue alla casa madre Uk potrebbero essere oggetto di withholding taxes (e quindi richiedere complicati accordi contro la doppia imposizione). Inoltre, gli aiuti di Stato (alle aziende inglesi) non sarebbero più un tabù squilibrando il mercato e gli accordi di libero scambio dovranno essere negoziati, richiedendo tempo, e generando potenziali effetti negativi sul business delle aziende basate in Uk. Un capitolo a parte va dedicato poi alle banche che ieri hanno subito il crollo più forte in Borsa (da Intesa 22,9% a Mediobanca -21,2%): «Uno degli elementi che verosimilmente verrà meno - aggiunge Bianchi - è quello del passporting sotto il Mifid, ovvero il patentino che permette a un'entità che ha una licenza (bancaria) in un paese Ue di operare negli altri paesi Ue».

Il timore di Bernstein per le banche italiane è invece che «un probabile aumento degli spread periferici». Oltre agli aspetti tecnici non va poi sottovalutata l'instabilità finanziaria generata dalla Brexit.

Secondo l'avvocato Giuseppe De Palma, managing partner di Clifford Chance Italia «ci sono implicazioni legate alla volatilità dei mercati, al deprezzamento della sterlina e possibili impatti sul funding in valuta inglese».

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