Nella notte in cui le vacche sono nere, per dare un tocco di Hegel al buio della nostra democrazia, ci attacchiamo anche alla Azzolina, se dice qualcosa di giusto. Niente didattica a distanza per le superiori, i ragazzi devono rimanere a scuola, perché sono felici. Così la ministra dell'Istruzione contro la tentazione di rovinare un'intera generazione. Il mio povero Ale, che ha finito la terza media al computer e che è tornato in classe a Milano il 14 settembre, rischiava (e rischia ancora) di non avere tutte le cose meravigliose che noi abbiamo avuto in quegli anni: i compagni, gli amici del cuore, i nemici, i primi amori, il pallone, in parole povere la fisica e la metafisica delle relazioni. Per non parlare del rapporto diretto con i professori, il batticuore di un'interrogazione, il senso del sacrificio e delle regole. Che tristezza il mio Ale ridotto a Nerd per decreto. Poi c'è nella frase della Azzolina il richiamo alla felicità. Un diritto importante per l'uomo occidentale, quanto il diritto alla libertà, al lavoro, alla privacy, all'istruzione, alla mobilità. Ancora una volta il diritto alla salute sta tiranneggiando sugli altri e sopratutto sulla nostra aspirazione a stare bene non solo in senso biologico. Cosa importante per carità ma non isolata nel contesto del nostro habitat e dei nostri rapporti. Ho citato i due elementi decisivi per la felicità già per Platone, molto tempo prima della Costituzione americana. La verità è che il sistema scuola non tiene. I ragazzi si ammalano perché le distanze non ci sono, perché non ci sono le aule sufficienti e perché far rispettare le regole è complesso, come rivelano le immagini con i droni degli assembramenti appena fuori dagli edifici. Ma sacrificare i nostri ragazzi per risolvere la voce trasporti no, non si può fare. Anziché diminuire la quota di quelli che salgono su un bus, e si calcola che con il 50% di affollamento 300mila persone rimarrebbero antidemocraticamente a piedi, bisogna aumentare le spese per i mezzi. Invece di scaricare la colpa sui comportamenti dei singoli, bisogna lavorare sulle strutture. Nella movida c'è un problema di etica personale, nell'offrire trasporti adeguati c'è in gioco l'etica dello Stato.
Come pure nell'assicurare a studenti e famiglie l'esercizio fondamentale previsto dalla Costituzione. La battaglia al Covid non può giustificare che il futuro delle nuove generazioni diventi buio come la notte, sempre per dirla con Hegel.
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