La banca di papà Boschi vuole ricorrere al Tar contro il commissario

Etruria sfida Bankitalia che nei giorni scorsi ne ha decapitato i vertici. Ma l'istituto toscano rischia di essere travolto dall'inchiesta dei pm di Roma

La banca di papà Boschi vuole ricorrere al Tar contro il commissario

I rapporti tra Bankitalia e Banca Etruria, l'orgogliosa mutua degli orafi che è stata per decenni contesa tra i «feudi» massonici e i salotti cattolici romani eredità della Dc, sono spigolosi almeno dall'ispezione del 2013, ma questa volta Arezzo vuole andare allo scontro armato.

Gli ex vertici dell'istituto cooperativo, commissariato mercoledì da Bankitalia con un atto eccezionale e finora unico nel panorama delle banche quotate in Piazza Affari, avrebbero infatti in animo di impugnare il provvedimento davanti al Tar. La strada, a una prima analisi, non si discosta molto da quella già intrapresa dai cugini della Popolare di Spoleto che, sebbene sia nel frattempo stata salvata (e ingoiata) dal Banco Desio, pochi giorni fa si sono visti riconoscere il loro ricorso dal Consiglio di Stato. Il caso aretino differisce però fin nelle sue motivazioni tecniche: Bankitalia ha usato la forza, d'intesa con il mistero dell'Economia, davanti alle «gravi perdite sul patrimonio» emerse nel bilancio di un gruppo in cui fino a pochi giorni fa Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena, sedeva come vice del presidente Lorenzo Rosi. Dai pc, che gli ispettori di Palazzo Koch stanno ancora scandagliando quasi fosse un mini-stress test, sono emersi crediti deteriorati per tre miliardi, più o meno sei volte il patrimonio netto. In sintesi denaro che famiglie e imprese non riescono a rimborsare: Etruria aveva fitti rapporti sia con il locale distretto della gioielleria sia con il comparto tessile. Gli stessi commissari giovedì hanno peraltro sottolineato che «sulla base dei dati» esaminati dal board , «risulta ampliata la situazione di insufficienza patrimoniale del gruppo» rispetto alla normativa vigente. Per poi ammettere di non poter spingersi oltre nel dettagliare la situazione.

La battaglia dell'Etruria sembra tuttavia nascondere anche un certo retrogusto di rivincita. Le incomprensioni tra la popolare e Via Nazionale erano infatti iniziate già ai tempi della gestione di Giuseppe Fornasari. Quella che spodestò, con un «golpe bianco», il lunghissimo e incontrastato regno di Elio Faralli, portando al vertice dell'istituto il mondo cattolico e imprenditoriale locale. Sembra, peraltro, che avesse già avuto molto da lagnarsi dell' hybris dell'Etruria, anche l'ex direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni.

«Se ci sono stati errori è giusto che chi ha sbagliato paghi. Non capisco però come è stato possibile che altrove, come in Germania, le banche popolari siano state salvate investendo 260 miliardi, 90 in Spagna e in Portogallo», ha detto ieri il governatore della Toscana in quota Pd, Enrico Rossi. Ma quello che fa ribollire gli animi nel «feudo» aretino, a lungo protetto da Faralli, è piuttosto l'attuale disparità di trattamento politico rispetto al Monte dei Paschi e alla stessa città delle contrade.

Etruria promette, tuttavia, di essere investita dalle carte bollate anche per quanto riguarda l'indagine in corso nella Capitale sugli strappi messi a segno in Borsa nel mondo delle Popolari nei giorni immediatamente precedenti al decreto legge con cui il governo Renzi ne ha disposto la trasformazione in società per azioni. Nel fascicolo aperto in procura a Roma due giorni fa, sarebbero infatti già confluiti i primi documenti richiesti alla Consob dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dall'aggiunto Nello Rossi.

I due magistrati capitolini peraltro non sarebbero al lavoro soltanto sulle «anomalie» nelle movimentazioni dei titoli delle Popolari rivelate dal presidente dell'Authority Giuseppe Vegas, ma anche sui rapporti tra le stesse banche interessate dall'indagine e gli istituti di vigilanza. L'attenzione degli inquirenti - che non hanno ancora formulato l'ipotesi di reato, ma sarebbero prossimi a indagare sulle Popolari per insider trading - si rivolge in particolare proprio a Banca Etruria, già segnalata tra gli istituti mutualistici al centro delle movimentazioni di titoli precedenti all'avvio del progetto di riforma.

Proprio sulla

banca aretina, infatti, la procura avrebbe già chiesto a Bankitalia notizie e documenti utili all'indagine, su cui sono al lavoro con le toghe romane anche gli uomini del nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza.

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