Barnier sfiduciato dal voto in sintonia di destra e sinistra. Eliseo sotto accusa

Il presidente potrebbe nominare un premier in 24 ore. Salta la visita a Roma

Barnier sfiduciato dal voto in sintonia di destra e sinistra. Eliseo sotto accusa
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L'ora più buia. O giorno del sollievo. Il 72enne Michel Barnier è in Aula. Concentrato e rispettoso del ruolo. Niente smorfie, come facevano i predecessori sotto Macron. È una sfinge, di un'altra epoca storica, anche davanti a «tre ore di lavoro parlamentare». Chiama così il premier francese la sua esecuzione pubblica che lo renderà il meno longevo della Quinta repubblica. L'attesissimo voto ieri ha sfiduciato il suo governo disegnando un gigantesco punto interrogativo sulla stabilità dell'Esagono, politica e finanziaria.

Barnier è però un soldato pronto a immolarsi. Ieri si puntava a far cadere l'esecutivo per punire Macron. O difenderlo, senza avere i numeri per farlo. Nell'operazione sfiducia, opposizioni confortate dai sondaggi. Si sono assunte un rischio enorme: esporre la Francia a una crisi che è già economica e ora sarà probabilmente anche sistemica.

Lo definisce «momento verità», Barnier. Invita «a misurare bene le conseguenze». E dopo aver ascoltato le dichiarazioni di voto, dice: è bene che tutti sappiano che il debito «sarà sempre lì, la sfiducia renderà solo tutto più grave». Alla fine esce di scena prima del voto. Si rifugia a Matignon con i suoi ministri: per rispetto dei votanti, e di una giornata più triste che storica.

Prima di uscire, le ultime stoccate da premier, pensando forse più ai libri di storia che non a convincere i deputati su un voto già deciso: «Il 1° ottobre ero davanti a voi per dire che i francesi non ci avrebbero perdonato l'immobilismo e ci chiedevano di superare le divisioni per agire nell'interesse superiore del Paese, sono fiero di farlo, per costruire più che per distruggere, e non mi rassegno all'idea che la destabilizzazione istituzionale sia l'obiettivo che unisce le opposizioni, io rispetto ognuno dei vostri elettori - dice rivolto agli avversari - spero anche voi».

Si dice che Macron voglia nominare un nuovo premier già nelle prossime ore. Il nome di François Baroin si faceva già largo per il suo posto a Matignon, altro neogollista che seduce oltre il suo campo. Ma solo sulla carta: anche Barnier era infatti entrato a Matignon col biglietto da visita di negoziatore per la Brexit, dunque il più accreditato per mediare e fare sintesi. Invece proprio il «metodo Barnier» ieri è stato messo sotto accusa. Prima dai mélenchoniani: «Il vero responsabile di questa situazione è Macron», tuona il presidente del gruppo della Francia ribelle, Eric Coquerel, che taccia di disonore Barnier viste le aperture dei giorni scorsi a Le Pen: «Preferite la stampella del Rn o il negoziato parlamentare? Il governo cade per illegittimità manifesta» relativa alla nomina di un esponente del partito arrivato quarto alle urne. Il premier, mai spazientito neppure davanti agli attacchi più duri, elenca le motivazioni che l'hanno portato a blindare il provvedimento sulla previdenza sociale per vararlo senza discussione parlamentare; scelta che ha innescato le due mozioni di sfiducia, della gauche assieme ai verdi e poi quella dei lepenisti.

Accuse trasversali dalle «estreme». Lui, al centro dell'arena, ad ascoltare i perché hanno deciso insieme di segnare il suo destino: Barnier alla fine cade sfiduciato alla prima mozione. Non c'è bisogno neppure di votare la seconda, dei lepenisti. Si intesta il primato del più breve esecutivo della Quinta Repubblica battendo perfino il predecessore Attal, il macroniano che durante il passaggio di consegne a Matignon aveva sbeffeggiato per la poca durata del mandato (7 mesi e 23 giorni). Attal ieri ha provato a salvare il soldato Barnier: «Spettacolo desolante delle estreme», l'accusa. Il premier cita Saint-Exupéry, a tratti parlando già al passato. Dal pomeriggio il destino era segnato, e fors'anche da prima. «La responsabilità o il caos», ha provato a dire anche il presidente del gruppo neogollista Destra repubblicana Wauquiez (leader dalle ambizioni presidenziali) che lo sostiene. «Alla fine è caduto come la sua manovra violenta, soccombe tutta la politica di Macron», tagliano corto i mélenchoniani rivendicando il ruolo dei boia: 331 voti totali per la loro mozione (ne bastavano 289).

Compatto, con loro, il Rn di Le Pen e i deputati di Eric Ciotti. È durato 3 mesi, Barnier. Stasera alle 20 atteso il discorso tv di Macron. I verdi chiedono all'Eliseo di formare un fronte repubblicano: che però si sa dove inizia, ma non dove finisce.

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