"Basta dipendere da un Paese, l'Italia è centrale"

Il sottosegretario: "Diversificare le fonti energetiche è essenziale per calmierare i prezzi"

"Basta dipendere da un Paese, l'Italia è centrale"

È caccia aperta al gas. Prosegue il tour del gas africano al fine di differenziare le fonti di approvvigionamento energetico. L'Italia e l'Angola hanno sottoscritto una dichiarazione d'intenti per il gas naturale. Stessa intesa con il Congo. I ministri Di Maio e Cingolani, accompagnati dall'ad di Eni Descalzi, hanno concluso a Brazzaville, la missione italiana. Il sottosegretario leghista al ministero per la Transizione ecologica, Vanna Gava, segue da vicino gli sviluppi.

Sottosegretario Gava, tutto per colpa della guerra?

«È indubbio che la guerra abbia accelerato questo percorso di diversificazione che però il governo aveva già intrapreso. Al di là di tutto, secondo me, questa scelta che viene presa in emergenza avrebbe dovuto essere presa già molto tempo fa».

Un percorso obbligato?

Quando il secondo Paese manifatturiero d'Europa è dipendente per il 94% dall'energia di un altro Paese, ciò diventa una priorità. È una scelta commerciale come per qualsiasi azienda. Avere un unico partner commerciale è rischioso e un giorno ciò può costare caro. Quel giorno è arrivato».

Quindi cosa bisogna fare?

«Diversificare le fonti. Grazie alla nostra posizione geografica e strategica, l'Italia potrebbe diventare un hub per gasdotti, per l'importazione di gas liquido. Siamo partiti qualche mese fa con una delle prime missioni in Azerbaijan per aumentare quello che è la fornitura di gas attraverso il Tap per gettare le basi di medio e lungo termine, ovvero il raddoppio. Ma ci vorranno ancora 40-45 mesi. Adesso il ministro Cingolani si è mosso per andare a recuperare gas liquido: dall'Angola arriverà un miliardo di metri cubi all'anno in più e dal Congo 4 miliardi e mezzo. Inizieremo già dal 2022-2023 per arrivare a regime nel 2025. Nel giro di qualche mese possiamo dire di essere indipendenti e sono convinta che per la fine dell'anno avremo già risultati importanti».

Lo scopo di tutto questo?

«Non essere più dipendenti per oltre un terzo da un Paese solo».

Questa diversificazione porterà anche a risparmi per i fruitori?

«Dobbiamo essere chiari: il gas naturale è comunque più costoso attraverso un gasdotto perché si tratta di un costo di servizio che farà lievitare i prezzi ma andremo a contrastare questa evenienza aumentando le forniture che arrivano dall'Azerbaijan il cui gas ci costa un 10% in meno. Andremo così a calmierare i prezzi per le famiglie e soprattutto per le imprese energivore che rischiano di chiudere. Tutto questo senza tralasciare i fondi che abbiamo messo nel Pnrr per le nuove tecnologie di sviluppo e riconversione all'idrogeno o per le installazioni rinnovabili (eolico, fotovoltaico, etc.)».

Quali altre frontiere sono possibili?

«Tutte quelle che offrono la loro disponibilità. Abbiamo già dialogato con Algeria ed Egitto.

I viaggi fino ad ora hanno portato a buoni risultati con il recupero di due rigassificatori e di tutto quel gas liquido che stiamo riuscendo a reperire. Se la direzione dell'Europa è quella di provvedere al blocco delle importazioni e se ci sono decisioni da prendere insieme lo faremo con forza».

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