La "battaglia mediatica"? L'abbiamo persa

La battaglia mediatica ha un peso enorme nella nostra epoca, condiziona le coscienze e le scelte politiche.

La "battaglia mediatica"? L'abbiamo persa

C' era una volta McLuhan. Tra i tanti traumi di una guerra, ce ne sono alcuni immateriali ma comunque decisivi. La battaglia mediatica ha un peso enorme nella nostra epoca, condiziona le coscienze e le scelte politiche. Ed è così anche in Ucraina. L'opinione pubblica occidentale è tutta con Zelensky, più debole sul campo ma fortissimo nella costruzione narrativa dell'aggredito che combatte per la libertà e la democrazia, i nostri valori fondanti. E fondante, per la massmediologia, è stato pure il sociologo canadese che nel 1967 pubblicò un libro con un titolo destinato a diventare un totem: Il medium è il messaggio. La forza e la specificità del mezzo di rappresentazione della realtà sono di per sé comunicazione, al di là degli altri linguaggi concomitanti. Erano gli anni della tv nascente, oggi le tecnologie visive sono ovunque, non solo telecamere sempre più agili e digitali, ma satelliti, telefonini, droni ci danno un'illusione di onnipotenza nel racconto. Invece non è così, il messaggio non ha seguito la stessa sorte, non è diventato sempre più vero e oggettivo. Anzi le fake news si annidano nella stessa natura del mezzo. Nella guerra in Vietnam furono i reportage scritti degli inviati a scioccare l'America, con la prima guerra del Golfo la Cnn fece vedere i bombardamenti in diretta, ma i giornalisti sul campo erano «embedded», potevano dire solo ciò che non disturbava i militari. Tecnologia e politica prendevano due strade diverse. Tornando alla guerra di questi giorni, qual è la verità oggettiva sui bombardamenti alla centrale nucleare vicino a Kiev, chi ha abbattuto il ponte di Irpin, località diventata celebre per la lugubre immagine di una famiglia crivellata mentre scappava lungo un corridoio dis-umanitario? E cosa è successo nel teatro di Mariupol? Per giorni si è parlato di centinaia di vittime civili rifugiate lì, poi nessuna vittima...

Pochi dubbi sul fatto che i russi abbiano bombardato un luogo che doveva essere intoccabile, da un lato un satellite ha mostrato la scritta «Bambini», dall'altro la propaganda di Mosca ha parlato del famigerato battaglione para-nazista «Azov» che si sarebbe nascosto nell'edificio, infine anche le fonti ucraine ci hanno messo un po' di tempo a rettificare la notizia di una mattanza. «I rifugi hanno tenuto», hanno detto. Per fortuna. Intanto noi eravamo lì a piangere e condannare. Povero messaggio, sempre più piccolo in un medium sempre più grande.

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