Da Austin, Texas, alla capitale federale, Washington DC. Dai deputati democratici locali al Campidoglio. Dal governatore repubblicano del Texas Greg Abbott, al presidente degli Stati Uniti d'America Joe Biden. Lo scontro sulle leggi che aggiungono regole, procedure e limitazioni al voto, rendendone più complesso l'accesso e l'esercizio, soprattutto alle minoranze, arriva fino alla Casa Bianca a pochi mesi da un'elezione presidenziale decisa per poche migliaia di schede negli Stati in bilico.
I deputati dem del Texas si battono contro le limitazioni che i repubblicani puntano a imporre sul voto anticipato e sul voto per posta (ammesso solo per malattia e in particolari circostanze) e contro la richiesta di dover esibire, in caso di voto a distanza, un documento di identità. Approdati a Washington per fare mancare il numero legale al Congresso di Austin ed evitare che i provvedimenti restrittivi passino, i ribelli rischiano le manette.
Ma il muro contro muro in corso tra repubblicani e democratici è il segno che la ribellione dei dem texani va ben oltre i confini del Texas e ha riacceso la miccia in un Paese in cui il 53% dei repubblicani continua a considerare Donald Trump il vero vincitore delle ultime presidenziali (sondaggio Reuters/Ipsos di qualche settimana fa). La sfida politico-elettorale, anche in vista di Usa 2024, quando Trump tornerà all'attacco, si gioca sui gangli vitali della democrazia: da una parte il diritto di accesso al voto, che i dem vorrebbero più agevole e ampio possibile dopo l'emergenza Covid e per non lasciare indietro la comunità afroamericana e le minoranze pro-Biden di solito più restie a recarsi alle urne, dall'altra le tutele pretese dai repubblicani perché quel voto si svolga con la massima trasparenza e le indispensabili garanzie, in modo da non essere permeabile a frodi e tentativi di sovvertirlo. Due spinte opposte. Una tira per la più ampia partecipazione possibile degli elettori, anche a distanza, l'altra si affanna per far sì che il voto sia soprattutto in presenza, per scoraggiare, limitare o bandire le alternative. E il Texas è adesso a un passo dal modello Georgia, lo Stato a cui il Dipartimento di Giustizia ha fatto causa per la legge, definita «razzista» da Biden, che limita drasticamente il voto per posta o anticipato, e prevede persino il divieto di distribuire cibo e acqua agli elettori in fila ai seggi.
Urge un intervento del Congresso, secondi i dem. Ecco perché anche Biden è tornato sull'argomento in un discorso tenuto a Filadelfia, mentre il Senato texano approvava a larga maggioranza la norma bloccata dai democratici alla Camera con la loro fuga a Washington. Il presidente ha ricordato prima di tutto i numeri poco rassicuranti: sono 28 le leggi elettorali restrittive già approvate in 17 stati, e altre 400 sono in discussione. Dopo aver denunciato la «grande bugia» di Trump sulle frodi elettorali, il capo della Casa Bianca si è appellato ai parlamentari perché votino una legge federale e a tutta la società civile perché alzi la voce: «Chiedo ai miei amici al Congresso, negli Stati e nelle città e contee, di farsi sentire e di aiutare a impedire un tentativo organizzato di minare le nostre elezioni e il sacro diritto di voto. Non vi vergognate?», chiede provocatoriamente.
Poi definisce «un imperativo nazionale» l'approvazione delle proposte del Congresso per scavalcare le nuove restrizioni e ripristinare parti della legge sui diritti di voto frenate negli anni dalla Corte Suprema. Gli fanno eco i deputati texani scappati a Washington, che chiedono un intervento a difesa del diritto di voto. «Il tempo sta per scadere. Abbiamo bisogno che il Congresso e i leader federali lo usino in modo saggio».
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