Le ricadute sociali e politiche delle anticipazioni sull'intenzione della Corte Suprema di rimettere in discussione il diritto di aborto per le donne americane potrebbero essere altrettanto sconvolgenti delle rivelazioni stesse. Da circa mezzo secolo, prima con la decisione della Corte nota come Roe contro Wade e vent'anni dopo con una successiva che la confermò nella sostanza, l'accesso libero alla interruzione di gravidanza è un punto fermo negli Stati Uniti. Il fronte democratico considera questo una conquista fondamentale e irreversibile, ma l'ala tradizionalista dei repubblicani l'ha invece sempre esecrato e non ha mai rinunciato all'obiettivo di ridiscuterlo, se non di eliminarlo tout court. Ora che questo sembra possibile, è inevitabile non solo che l'intera società americana variamente reagisca, ma che la politica si faccia carico di questa patata bollente.
È fin troppo facile prevedere che il tema sarà al centro della campagna per le elezioni di medio termine, fissate per il prossimo mese di novembre. Elezioni delicatissime per il presidente democratico Joe Biden, che infatti non ha perso tempo a commentare la fresca anticipazione di notizia e a suggerire di affidare alla politica (e ovviamente si riferiva a quella della sua parte) il compito di affrontare questo nodo, arrivando a promettere che lavorerà per trasformare in legge l'ormai storico «pronunciamento Roe». Per i democratici si tratta di un'opportunità preziosa: l'accesso all'aborto è considerato un diritto anche da donne che votano repubblicano, e il partito dei progressisti americani ha tutto l'interesse a cavalcare l'ondata di protesta che si è immediatamente avviata - contro la sua messa in discussione. Presentandosi in veste di alfiere dei diritti sociali, attaccati dalla destra più retriva, Biden può sperare di veder scivolare in secondo piano altri temi che gli creano difficoltà, primi fra tutti l'inflazione galoppante e le ricadute dell'impegno bellico al fianco dell'Ucraina aggredita dalla Russia putiniana. E potrebbe perfino sperare di scongiurare la temuta perdita del controllo di Camera e Senato dopo il voto di novembre.
Vista dal fronte repubblicano, la questione è più complessa. L'ala più conservatrice del partito (Donald Trump in testa) sposa in pieno l'iniziativa di quei giudici anti abortisti che lo stesso Trump ha lavorato per nominare. Tuttavia, l'ala centrista e una parte significativa del suo intero elettorato femminile non gradiranno. È dunque verosimile che assisteremo a una spaccatura nel partito, con un probabile vantaggio per i concorrenti attualmente piuttosto deboli dell'ex presidente che tuttora coltiva ambizioni di ritorno alla Casa Bianca. Non è affatto detto, insomma, che l'apparente successo politico rappresentato dal colpo inferto per via giudiziaria al diritto all'aborto si riveli vantaggioso per i repubblicani, e in particolare per la loro ala più conservatrice.
Anche perché è da attendersi su questo tema un surriscaldamento delle piazze, con relativi disordini che verranno immancabilmente sfruttati da ambo le parti per incolpare gli avversari.
In ultima analisi, però, la reazione sociale finirà probabilmente con l'evidenziare che la maggioranza delle americane (e degli americani) non vuole un passo indietro sull'aborto, e che considera l'anticipata clamorosa iniziativa della Corte Suprema una scelta estremista presa contro la volontà popolare.
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