La Bce ora ammette: "Recessione probabile". E Visco chiede meno aggressività sui tassi

L'Eurotower rivede le valutazioni. Frena l'inflazione ma resta al top dall'84

La Bce ora ammette: "Recessione probabile". E Visco chiede meno aggressività sui tassi

Dopo aver vissuto per mesi in una realtà simulata, un po' à la Matrix, sembra che la Bce abbia cominciato ad assumere la pillola rossa. E stia così iniziando a guardare le cose per il verso giusto. La prima ammissione ufficiale che «una recessione tecnica nell'area euro è diventata più probabile» porta infatti la firma del vicepresidente Luis de Guindos. Alcune analisi «ci dicono che una recessione dell'area euro è probabile fra l'ultimo trimestre di quest'anno e il primo dell'anno prossimo», ha confermato Fabio Panetta, che siede nel board Bce. Aspettiamo fiduciosi anche l'ammissione di Madame Lagarde.

Meglio tardi che mai, comunque; meglio mettere le mani avanti prima che siano le cifre a inchiodare la bara delle false illusioni. Quella sulla transitorietà dell'inflazione è da tempo sotto terra. Vecchie previsioni strampalate di cui fa ammenda il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nel riferire alla Camera di una crescita dei prezzi «in gran parte imprevista». L'errore di valutazione non deve diventare «un esercizio post mortem», ma servire da faro per le decisioni di politica monetaria che «si renderanno necessarie» nei prossimi mesi.

Par quindi di capire che l'Eurotower non intenda mollar la presa sui tassi, «ancora al di sotto del livello coerente con il raggiungimento del nostro obiettivo di inflazione nel medio termine», assicura Visco. C'è però forse lo spazio per evitare, forse già da dicembre, un'altra stretta di tre quarti di punto, poiché «le ragioni per attuare un approccio meno aggressivo stanno guadagnando terreno». I falchi di Francoforte potrebbero però obiettare che la postura rigida mantenuta negli ultimi mesi dalla Bce non ha ancora scalfito un carovita che ha provocato, spiega la banca centrale, la diminuzione del «potere d'acquisto» delle famiglie e «ridotto potenzialmente la capacità di rimborsare i prestiti». Un clima deteriorato in cui sono aumentati «i rischi per la stabilità finanziaria» e che non permette di «escludere un aumento della frequenza delle insolvenze societarie, in particolare tra le imprese ad alta intensità energetica».

Pur di fronte a un impoverimento collettivo, Visco ricorda come l'aumento dei prezzi energetici sia «una tassa sulla nostra economia che non è possibile rinviare al mittente e che non può essere eliminata attraverso vane rincorse tra prezzi e salari»; in questo, «resta cruciale la responsabilità delle parti sociali». Ieri l'Istat ha diramato il dato definitivo di ottobre, rivedendolo dall'11,9 all 11,8%, valore più elevato da marzo 1984. Insomma: ai sindacati si suggerisce morigeratezza nella richiesta di buste paga più pesanti, nonostante non vi sia neppure l'ombra di «second round effect» e malgrado l'Italia sia da almeno 20 anni il Paese che più ha sofferto l'assenza di congrui adeguamenti salariali.

È il solito vento di austerità, che soffia forte anche nelle pagine della Financial Stability Review dell'Eurotower. Dove si legge che «gli elevati livelli di debito pubblico limitano la possibilità di adottare misure di espansione fiscale che non comportino rischi per la sostenibilità del debito». Lo scudo anti-spread e la proposta di riforma del Patto di stabilità sono, non a caso, incardinati sulla stretta sorveglianza dei conti pubblici.

Bilanci fuori posto? Niente protezione della Bce se i rendimenti sui titoli sovrani salgono sull'ascensore; e basta aiuti finanziari dall'Unione europea. C'è la pillola rossa e quella blu, ma a noi tocca quella avvelenata.

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