La bella vita di Kirill, spia sulle nevi svizzere

Il patriarca di Mosca lavorò per il KGB: usava la Chiesa per favorire il regime

La bella vita di Kirill, spia sulle nevi svizzere

Kirill e la Svizzera. Kirill e Vladimir Putin. Kirill e il KGB. Tre capitoli di un'unica storia che si tiene benissimo insieme. Soprattutto ora che le testate elvetiche Sonntagszeitung e Le Matin Dimanche accusano Vladimir Mikhailovic Gundyayev, alias Kirill dal 2009 patriarca moscovita e massima autorità della Chiesa ortodossa russa, alias «Mikhailov» che sarebbe stato il suo nome di copertura, di essere stato negli anni Settanta una spia del KGB sovietico che operava in Svizzera.

Le accuse sono basate su dossier desecretati della polizia federale elvetica. Gundyayev-Kirill-«Mikhailov» oggi ha 76 anni ed è uno dei più ferventi sostenitori del presidente Putin e della sua guerra in Ucraina: è arrivato a sostenere che «la Russia non ha attaccato nessuno ma sta soltanto riprendendo ciò che è suo» e ha benedetto personalmente i soldati russi «che combattono per il Mondo Russo (un cardine della propaganda nazionalistica putiniana, n.d.r.) e per la Santa Russia in Ucraina», assicurando che i caduti al fronte andranno direttamente in paradiso: la Chiesa moscovita considera l'Ucraina il cuore originario della fede ortodossa ed esecra il nazionalismo di Kiev. Negli anni tra il 1971 e il 1974, l'attuale patriarca di Mosca era un giovane prete che viveva a Ginevra, dove rappresentava la Chiesa ortodossa russa presso il Consiglio ecumenico mondiale. D'intesa con il KGB, agiva per ammorbidire le critiche contro le restrizioni della libertà religiosa in Unione Sovietica e orientare il Consiglio a prendere posizioni contro gli Stati Uniti. In cambio, poteva fare la bella vita in un Paese che ancor oggi dichiara di apprezzare moltissimo (racconta di esserci stato più di 40 volte), specialmente le sue montagne dove ama sciare e dove possiede uno chalet (secondo la rivista Forbes ha anche uno yacht sul Mar Nero, orologi di lusso e un patrimonio stimato oltre i 4 miliardi di dollari).

È noto che in epoca sovietica le posizioni di vertice della Chiesa ortodossa dovevano essere approvate dal KGB e che come documentò il celebre archivista del Cremlino Vassily Mitrokhin fotocopiando moltissime carte segrete i preti venivano usati come agenti d'influenza all'estero. Negli anni Novanta, secondo lo storico Felix Corley, documenti d'archivio del KGB avrebbero dimostrato il ruolo di «Mikhailov» in un'operazione che puntava a infiltrare il Vaticano per ostacolare azioni ostili all'URSS.

Con l'avvento al potere di Putin, il ruolo dei vertici dell'ex KGB (oggi FSB) non ha fatto che accrescersi, e la Chiesa ortodossa viene utilizzata come un alleato del regime. Putin, che ostenta in pubblico grande devozione, la considera anzi uno dei pilastri della sua ideologia nazional-imperialista, insieme con il recupero della grandeur anche militare d'epoca sovietica, depurata dell'ideologia marxista-leninista con l'eccezione della sinistra figura di Stalin, che nei libri di scuola viene presentato come un condottiero vincente della nazione russa. Kirill esalta questa retorica (e la guerra che ne è la logica conseguenza) e ottiene in cambio dal Cremlino totale appoggio alle posizioni ultraconservatrici della sua Chiesa e al recupero di un suo ruolo cardinale nella società.

Nello scorso giugno, per insistenza del premier ungherese Viktor Orbàn, le sanzioni personali Ue contro Kirill sono state eliminate per consentire l'approvazione del bando europeo all'acquisto di petrolio russo. Il patriarca-oligarca può così continuare a godersi il suo lusso.

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