Giornata sull'ottovolante per i mercati delle materie prime e, di conseguenza, per le Borse. Ieri ad Amsterdam i contratti future sul gas hanno toccato il prezzo record di 199,99 euro/megawattora, un valore preoccupante. In chiusura, però, le quotazioni hanno registrato un calo del 10,8% a 147,5 euro. Merito di un report dell'Agenzia internazionale dell'energia secondo cui l'Unione europea è in grado di ridurre del 50% (80 miliardi di metri cubi) la dipendenza dall'import di gas russo in un solo anno.
I motivi di preoccupazione, però, sono molteplici. Nonostante al valico di Tarvisio la fornitura di gas russo continui a fluire regolarmente (82 milioni di metri cubi sui 300 di fabbisogno giornaliero), in Germania si è registrato uno stop. Il gasdotto Yamal-Europa, che dalla Russia attraversa la Polonia e arriva in Germania, era sostanzialmente bloccato, una situazione che ha creato non poche apprensioni a Berlino. Le scorte di gas dell'Ue, al momento, si attestano su valori tranquillizzanti: la media è del 28,64% e l'Italia è al top (37,51%).
Le quotazioni delle materie prime, tuttavia, registrano incrementi di prezzo tali da azzoppare consumi e produzione industriale. Per quanto riguarda il greggio, il Brent norvegese e il Wti americano veleggiano oltre i 110 dollari al barile. Una situazione che ha fatto schizzare la benzina verde al servito abbondantemente sopra i 2 euro (con punte di 2,111 euro al litro). Ormai anche il diesel è prossimo a raggiungere la soglia dei 2 euro (1,974 euro al servito). La decisione dell'Opec+ di lasciare invariati gli aumenti di produzione previsti ha riportato le quotazioni ai massimi dal 2012. Il caro-pieno e il caro-bollette peserà sul potere d'acquisto delle famiglie. In caso di una recrudescenza del conflitto, con l'eventuale interruzione delle forniture di gas dalla Russia, Confcommercio calcola per le imprese del terziario una spesa energetica di quasi 30 miliardi di euro nel 2022, con un incremento di oltre il 160% rispetto al 2021. La prosecuzione di un conflitto a bassa intensità determinerebbe incrementi di costi per 20 miliardi, mentre la fine delle ostilità riporterebbe i prezzi verso i livelli del 2021.
«Quello che ora sta accadendo non potrà che amplificare criticità che già apparivano fuori controllo». Diego Andreis, vicepresidente di Federmeccanica è preoccupato. L'indagine condotta dall'associazione confindustriale delle imprese metalmeccaniche per il quarto trimestre 2021, ha segnalato che quasi tutte le aziende hanno registrato ulteriori rincari dei prezzi delle materie prime ed è salita la percentuale di chi ha dichiarato difficoltà di approvvigionamento. Dinamiche che si stanno ripercuotendo sui prezzi alla produzione dei prodotti industriali, dato che nel 2021 l'aumento medio per il settore metalmeccanico è stato di quasi l'8 per cento. Incrementi di costo che impattano negativamente sulla competitività di molte imprese e che stanno ridimensionando molto i margini di profitto. Per molti la sopravvivenza è a rischio.
E poi c'è il problema delle materie prime alimentari. La guerra si colloca in un contesto nel quale i pessimi raccolti canadesi hanno fatto crescere il ricorso al grano ucraino e russo che, al momento, sono di più difficile reperimento visto che il porto di Odessa è sotto attacco.
Il grano duro, ha rilevato Ismea, è passato in breve tempo da 280 a 522 euro a tonnellata, il grano tenero da 186 a 307 euro a tonnellata. Anche il prezzo di pane e pasta è destinato a salire ancora e non solo per l'energia.
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