«Vorrei essere stato ucciso con loro». Muhammad Al-Alul è un fotoreporter che ha perso quattro figli e la moglie nel campo profughi Al-Maghazi, il più piccolo e affollato della Striscia, nel sud, colpito sabato notte da bombardamenti. Le vittime sono oltre 50. «Non c'è più un posto sicuro a Gaza», dicono i palestinesi scappati nella parte meridionale della Striscia, a cui l'Idf, l'esercito israeliano, aveva chiesto di lasciare l'area settentrionale proprio per sfuggire alla potente offensiva che ha già colpito 3500 obiettivi terroristici e ha lo scopo di azzerare Hamas.
L'esercito israeliano non solo ha proseguito con i raid incessanti ieri, ma ha anche annunciato di aver circondato Gaza City, di aver diviso la Striscia in due settori, nord e sud, e di essere arrivato fino al mare. L'operazione militare, nelle prossime ore, potrebbe anche includere l'ospedale Al Shifa, dove secondo l'intelligence si nascondono alti esponenti di Hamas e dove l'esercito nei giorni scorsi ha già colpito un convoglio di ambulanze che riteneva trasportassero terroristi.
La guerra si dimostra più spietata del previsto, con Hamas che denuncia 9770 vittime, tra cui 4mila bambini, numeri impossibili da verificare. Israele scarica sui terroristi la responsabilità, mentre continua a essere colpito a nord anche dal Libano, dove la famiglia di un altro giornalista (moglie e tre figlie) è stata uccisa dalla risposta di un drone israeliano. È Hamas - insiste l'Idf - a scegliere di proposito luoghi densamente abitati, dietro i quali nasconde la macchina da guerra con cui colpisce Israele, usando i civili come scudi umani. Per dimostrarlo, l'esercito ha mostrato ancora video e immagini di una postazione di lancio di razzi degli islamisti vicino a una piscina e a un parco giochi per bambini.
La strage sembra dunque destinata a proseguire, nonostante gli appelli per uno stop alle armi, tra cui, durante l'Angelus, quello di Papa Francesco: «In nome di Dio, vi prego di fermarvi: cessate il fuoco», ha chiesto il Pontefice, che ha avuto anche un colloquio telefonico con il presidente dell'Iran, Ebrahim Raisi. Il ministro israeliano degli Affari Strategici, Ron Dermer, ha ribadito invece ciò che il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva già dichiarato: se ci sarà una proposta per liberare gli ostaggi «faremo quel che potremo affinché arrivino sani e salvi, ma si tratterà di una pausa temporanea per trasportarli in sicurezza».
Le famiglie dei sequestrati non smettono di manifestare e fare pressione sul governo israeliano per chiedere il loro ritorno a casa. La preoccupazione cresce con l'intensificarsi dell'offensiva nella Striscia, dove mancano cibo, luce, acqua, nonostante ieri, dal valico di Rafah - rimasto chiuso per l'uscita di altri stranieri - siano entrati altri 50 camion di aiuti, che portano a 451 il totale. Anche per il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, a Ramallah in visita al leader dell'Anp, Abu Mazen, «il flusso di aiuti a Gaza è gravemente insufficiente».
Nuovi dettagli emergono, nel frattempo, sui terroristi che hanno firmato la strage, mentre salgono a 144 i palestinesi uccisi in Cisgiordania dal 7 ottobre.
Secondo la tv pubblica Kan, i servizi di sicurezza israeliani si sarebbero convinti, dopo gli interrogatori ai catturati, che ad agire non siano stati solo palestinesi di Gaza, ma anche «combattenti stranieri». Secondo fonti della tv, i tagliagole parlavano un arabo con accento diverso da quello di Gaza, più simile a quello di Paesi del nord Africa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.