Biden avverte la Cina: "Difenderemo Taiwan" Pechino: "Secessionisti"

Xi Jinping: "La riunificazione è prioritaria". Gli Usa rilanciano: "Nessun passo indietro"

Biden avverte la Cina: "Difenderemo Taiwan"  Pechino: "Secessionisti"

«Stati Uniti pronti a difendere Taiwan se sarà attaccata», «Su Taiwan non esiste alcuno spazio per compromessi». Il botta e risposta tra Joe Biden e il ministero degli Esteri di Pechino è di quelli senza equivoci: e, verrebbe da dire, finalmente. Il presidente americano ha fatto un'affermazione quasi senza precedenti per chiarezza, superando lo standard abituale di ambiguità strategica che Washington predilige sulla questione taiwanese: lo ha fatto perché ritiene che le circostanze attuali ormai lo impongano, ossia per dare una risposta alle crescenti provocazioni militari ordinate da Xi Jinping, che nelle scorse settimane ha inviato per ben 150 volte i suoi jet nella zona d'identificazione aerea di Taipei. E se adesso non ci sono più dubbi sulle intenzioni americane, Pechino ha voluto rispondere in modo altrettanto chiaro: la riunificazione è per noi prioritaria e dovrà comunque avvenire e consideriamo quelle di Biden nient'altro che interferenze in una questione interna cinese.

Muro contro muro, dunque. Significa l'avvio di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina? «Non voglio una guerra fredda con la Cina ha chiarito Biden parlando alla Cnn -. Voglio che Pechino capisca che non faremo passi indietro. Gli Stati Uniti hanno preso un sacro impegno per quel che riguarda la difesa degli alleati della Nato in Canada e in Europa, e lo stesso vale per il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan». Taiwan con cui, è bene ricordarlo, Washington non ha più relazioni ufficiali dal 1979, avendole allacciate con Pechino, ma con la quale mantiene stretti legami e un impegno alla difesa militare fino a ieri solo sottinteso, ma da ieri inequivocabile. Un impegno che è parte di una più ampia strategia di contenimento dell'aggressività cinese, resa visibile dalla recente creazione di una doppia alleanza nella cruciale regione dell'Indo-Pacifico: la «Quad» (Usa, Giappone, India e Australia) e la «Aukus» (Usa, Australia e Gran Bretagna).

Biden, nel corso del suo intervento alla Cnn, si è detto non preoccupato di un possibile conflitto con Pechino («Le nostre forze armate sono le più potenti della Storia»), ma ha lanciato piuttosto un monito alla Cina ma anche alla Russia, che è ormai entrata nell'orbita cinese come «junior partner» e che sostiene il suo «obiettivo nazionale» di conquistare Taiwan, a evitare pericolose escalation: «Ci sarebbe da preoccuparsi se questi Paesi fossero coinvolti in attività che li mettano in una posizione in cui potrebbero commettere un grave errore». È un fatto che la questione di Taiwan sia diventata negli ultimi tempi il punto di attrito peggiore nei rapporti tra Washington e Pechino. E questo perché il rapidissimo sviluppo delle capacità militari cinesi rende ormai plausibile un attacco all'isola nazionalista che fino a pochi anni fa era impossibile. Per gli Stati Uniti, Taiwan rappresenta dal punto di vista strategico un tassello fondamentale della «prima catena di isole» che di fatto impedisce alla sempre più potente marina militare cinese il libero accesso al Pacifico dominato dagli States; ma è anche un baluardo di democrazia e di valori occidentali che non può essere abbandonato all'aggressione del rivale cinese pena una rovinosa crisi di credibilità soprattutto presso gli alleati giapponesi e coreani, oltre che il principale produttore mondiale di quei microchip senza i quali l'industria occidentale resterebbe paralizzata.

Per Xi Jinping, invece, che vuol passare alla Storia come il leader che ha posto fine al «secolo di umiliazioni» imposte dall'Occidente al suo Paese, la sola esistenza dell'«altra Cina» democratica davanti alle sue coste rappresenta un intollerabile oltraggio: da qui l'inflessibile volontà di annettere Taiwan, anche con la forza.

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