Joe Biden ha ottenuto dal Super Tuesday quello che voleva: una lunga scia di vittorie - unica eccezione la «sconfitta» nelle Samoa Americane per mano dello sconosciuto Jason Palmer (40 voti a 51); e il rematch con Donald Trump, reso ormai certo dall'uscita di scena di Nikki Haley. Per il presidente inizia ora la parte più difficile della strada che porterà da qui al voto del 5 novembre. Se nel 2020 Biden era sceso in campo per «ristabilire l'anima della nazione» dopo i quattro anni di Trump alla Casa Bianca, ora dovrà convincere nuovamente un elettorato scettico delle sue capacità psico-fisiche e affatto conquistato dalla sua Bidenomics che la sua visione dell'America è quella vincente, rispetto a un avversario che «è concentrato sulla propria vendetta e sulle punizioni, non sul popolo americano», come recitava il messaggio diffuso martedì notte. Innanzitutto, la campagna di Biden si trova ad affrontare sondaggi per niente tranquillizzanti. Una rilevazione Bloomberg News/Morning Consult della scorsa settimana indica che in diversi Stati-chiave, compresi Arizona, Georgia, Pennsylvania, Michigan, North Carolina, Nevada e Wisconsin, Biden è in ritardo su Trump di 5 punti (43% a 48%). È la stessa fotografia scattata a livello nazionale da un sondaggio del New York Times. La Corte Suprema ha poi smontato uno degli argomenti principe della campagna di Biden: i guai giudiziari di Trump. Se col pronunciamento (unanime) di lunedì i nove «justices» hanno escluso la questione dell'ineleggibilità, il rinvio verosimilmente a fine giugno della decisione sull'altra questione dell'immunità rimanda probabilmente a dopo il voto di novembre la celebrazione dei processi penali a carico del tycoon. Per Biden c'è anche la spina nel fianco della protesta per l'appoggio dato a Israele nella guerra a Gaza.
Nelle primarie in Michigan, Stato-chiave, gli «uncommitted» avevano raggiunto il 13% e superato i 100mila voti, una soglia sufficiente per perdere o vincere. Nel Super Tuesday, i «non schierati» hanno raggiunto percentuali del 14,6% in Minnesota, dell'11,2% in Massachusetts e, soprattutto, del 10.5% in North Carolina, altro Stato-chiave. La campagna di Biden cercherà però di pescare tra l'elettorato conservatore-moderato e indipendente che ha finora sostenuto Haley. «C'è posto per loro nella mia campagna», è stato il messaggio lanciato subito dopo l'addio dell'ex ambasciatrice all'Onu. Per farlo, si punterà tra l'altro sui temi di politica estera a lui cari: sostegno a Ucraina, Israele e Taiwan, rispetto al disimpegno isolazionista promesso da Trump. In questo quadro, Biden ha però dalla sua un'arma forse decisiva: i soldi. Le casse della sua campagna sono piene, al contrario di quelle di Trump, svuotate dalle ingenti spese legali e da quelle per le primarie, a causa della «resistenza» di Haley.
Un'idea chiara della svolta che Biden intende imprimere alla sua campagna la avremo oggi, col Discorso sullo Stato dell'Unione, nel quale illustrerà al Congresso e agli americani la strada che intende percorrere per riconquistare la Casa Bianca.
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