Biden striglia Bibi: "Tregua per i civili"

Il presidente Usa: "Il nostro sostegno dipende dalle vostre azioni. Più aiuti e tutela delle ong"

Biden striglia Bibi: "Tregua per i civili"
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È una svolta. Dopo gli avvertimenti, il primo vero ultimatum lanciato da Washington a Gerusalemme. «Se non ci saranno cambiamenti nella modalità in cui Israele sta conducendo la guerra nella Striscia di Gaza, anche la politica degli Stati Uniti cambierà». Lo ha spiegato al telefono Joe Biden a Benjamin Netanyahu, definendo «essenziale» una tregua. Lo ha ribadito, al termine della riunione dei ministri Nato a Bruxelles, il segretario di Stato Usa Antony Blinken.

«Arrabbiato» e «sempre più frustrato», come lo ha descritto una fonte della Cnn dopo il raid israeliano in cui sono stati uccisi 7 operatori umanitari nella Striscia, il presidente americano ha lanciato il monito più esplicito finora al premier israeliano. D'ora in poi «il sostegno degli Stati Uniti alla guerra di Israele a Gaza dipenderà dalle misure che lo Stato ebraico intraprenderà per proteggere i civili e gli operatori umanitari». Dall'indignazione della Casa Bianca è nata ieri la «difficile» telefonata, la prima intercorsa dopo l'attacco e durata meno di mezz'ora, fra il capo della Casa Bianca e il primo ministro israeliano, entrambi appesi agli sviluppi della guerra, da cui dipendono i loro destini politici. Ma se a «Bibi» il conflitto garantisce longevità politica, per Biden potrebbe essere il vero ostacolo alla rielezione. Da qui il cambio di passo, anche se «gli Usa sono al fianco di Israele contro l'Iran».

Biden ha chiesto «misure specifiche e concrete» per alleviare le sofferenze a Gaza, dove le vittime sono oltre 33mila, tra cui una donna incinta e le sue bambine colpite dall'ennesimo raid ieri a Rafah. E a rincarare la dose si è aggiunto Blinken, spiegando che «Israele non può essere al livello di Hamas», che «i risultati sul campo di battaglia a Gaza sono inaccettabili» «i passi compiuti da Israele per i civili insufficienti» e che «l'attacco all'Ong non è il primo ma deve essere l'ultimo».

La frustrazione del capo della Casa Bianca è esplosa anche perché, nel giorno del tragico bombardamento, gli Stati Uniti hanno autorizzato il trasferimento di altre 2mila bombe a Israele. In settimana, secondo la Cnn, gli Stati Uniti hanno anche in programma di approvare la vendita di F-15 allo Stato ebraico per un valore di 18 miliardi. Decisioni che potrebbero essere riviste ora e stanno scaldando anche il Regno Unito, dove il Partito Laburista, dato per vincente alle elezioni di fine anno, ha annunciato che sosterrà lo stop alle armi se i legali del governo stabilissero che c'è il rischio che le forze israeliane le usino violando le leggi internazionali.

A rafforzare le accuse sui metodi di guerra israeliani si è aggiunto il fondatore della Ong World Central Kitchen, per la quale lavoravano gli operatori uccisi. Secondo lo chef José Andrés, che il presidente Biden ha definito «amico» e ha chiamato «con il cuore spezzato» dopo l'attacco, quello a Gaza non è stato «un tragico errore», ma un'azione di guerra in cui «sistematicamente, macchina per macchina» l'Idf ha colpito civili che esibivano cartelli evidenti e di cui le autorità israeliane conoscevano i movimenti.

Durante un evento a porte chiuse per il Ramadan, martedì alla Casa Bianca, Biden ha raccontato che la moglie Jill gli ha chiesto di fermare la guerra: «Subito», ha detto la first lady, secondo il racconto del presidente, riportato dal New York Times.

Non c'è da stupirsi, dunque, se i negoziati per il rilascio degli ostaggi e una tregua siano «a un punto morto», come riferisce Hamas. E questo nonostante ieri lo Stato ebraico abbia liberato 101 prigionieri palestinesi riportandoli nella Striscia, in strutture mediche a Rafah.

Secondo un medico israeliano che ha operato in un centro di detenzione, i detenuti vivono in condizioni «catastrofiche» e ad alcuni sono stati amputati gli arti a causa delle manette a cui erano incatenati, con tutti e quattro gli arti, 24 ore al giorno.

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