Almeno 40 campus coinvolti negli Stati Uniti, dalla Columbia University a Harvard, dalla George Washington al Mit, fino al City College di New York. La polizia interviene sempre più spesso, anche in tenuta anti-sommossa, alle proteste negli atenei statunitensi, dove si chiede il cessate il fuoco a Gaza e il taglio dei legami fra università e aziende che hanno legami con Israele. Altri cento arresti ci sono stati ieri all'alba a Boston, alla Northeastern University, per sgomberare l'accampamento di tende. Gli studenti sono stati rilasciati, subiranno solo provvedimenti disciplinari. Resta in manette chi non ha potuto provare di essere iscritto. Anche in Arizona 69 arresti. Ad Atlanta, alla Emory University, la polizia è intervenuta contro gli studenti con proiettili di gomma e gas lacrimogeni e direttrice del dipartimento di filosofia, Noëlle McAfee, che aveva pubblicato un video della polizia che entrava nel campus, arrestata.
L'estremismo pro-palestinese sta dilagando e le contromisure si fanno più dure. Spaventa l'antisemitismo. Alla Columbia di New York è stato espulso dal campus il leader della protesta, lo studente Khymani James. «I sionisti non meritano di vivere», ha detto. Parole «sconvolgenti, che fanno rovesciare lo stomaco» ha commentato il portavoce della Casa Bianca. «Devono far scattare un campanello di allarme».
L'amministrazione americana comincia a essere sempre più tesa. Il conflitto nella Striscia di Gaza è entrato nel cuore dell'accademia americana e dilaga dall'Europa all'Australia, a rievocare le proteste contro la guerra in Vietnam. Il voto dei giovani americani sarà cruciale alle presidenziali. E Biden è preso di mira per il suo pieno sostegno a Israele. Mentre Bernie Sanders, il senatore «socialista-democratico» figlio di un ebreo polacco, si rivolge a Netanyahu spiegando che «non è antisemita sottolineare che il suo governo ha ucciso oltre 34mila palestinesi», Biden è invece l'alleato di ferro di Bibi. Per evitare contestazioni, non sembra casuale che la Casa Bianca abbia previsto una presenza minima del presidente e della sua vice Kamala Harris al rito di primavera, il «commencement address», il discorso di apertura alle cerimonie di laurea nei grandi atenei. A maggio, il presidente parlerà solo al Morehouse College, storica università afroamericana della Georgia, e all'accademia militare di West Point, senza che si sappia se affronterà l'argomento Gaza.
Ma nel mirino, ora, negli Stati Uniti finiscono ora soprattutto i rettori. La decisione di ricorrere alle forze dell'ordine, che ha portato a centinaia di arresti, ha spinto i docenti delle università di California, Georgia e Texas ad avviare o approvare voti di sfiducia nei confronti della leadership universitaria. Moniti solo simbolici, senza potere reale di rimozione dei presidenti. Ma provano che le tensioni sono forti e che le immagini degli studenti in manette, se si protraessero, non avrebbero un buon ritorno per Biden. Il Senato accademico della Columbia ha votato per l'apertura di un'inchiesta sulla presidente, Minouche Shafik, che la scorsa settimana ha chiesto l'intervento della polizia, operazione che si è chiusa con 100 studenti in arresto e lo smantellamento delle tende. La risoluzione stabilisce che l'amministrazione di Shafik ha messo a rischio la libertà accademica e ignorato la privacy e i diritti di studenti e docenti.
Posizione lontane quanto un oceano, non solo geograficamente, da quelle di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, che taglia corto su chi protesta in università contro gli accordi con Israele, «fuori corso, che pensano che così si realizzi la rivoluzione»: «Era meglio mandarli a zappare», ha detto da Pescara.
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