I bilanci delle amministrazioni italiane si basano sul vuoto. Miliardi di euro che gli amministratori hanno rinunciato a incassare, ma che continuano a conteggiare per mantenere l'illusione che i conti siano in attivo. Sono oltre 70 i miliardi di euro che abbelliscono i rendiconti, suddivisi tra i Comuni con 33 miliardi, le Provincie ordinarie con sette e i 30 di Regioni e Provincie autonome, di cui non esistono dati ufficiali.
Le spese vengono finanziate basandosi su denaro che non verrà mai incassato. Spesso si registrano tasse e multe vecchie di dieci anni, lasciate in eredità dalle amministrazioni precedenti e mai depennate. Secondo la Corte dei Conti "è lecito presumere che una parte non irrilevante di enti comunali continui a conservare tra i propri residui attivi ingenti partite ormai da considerare nella sostanza non riscuotibili, sebbene ancora formalmente non dichiarate inesigibili".
I pagherò pesano sul bilancio comunale di Roma per quasi 600 milioni di euro, ma nel 2012 ne sono stati recuperati poco meno di 31. La maggioranza sono multe arretrate che il Campidoglio non riscuote per mancanza di un sistema adeguato per la riscossione. L'unica speranza è affidarsi alla proverbiale tempestività con cui gli italiani pagano le contravvenzioni.
Sperare nei cittadini per il comune di Napoli si traduce in un buco di bilancio che all'insediamento del sindaco (sospeso) Luigi De Magistris ammontava a 850 milioni di euro che diventavano un miliardo e mezzo se si sommavano tutte le società partecipate del comune partenopeo. Come ha scritto l'ex revisore dei conti Gianluca Battaglia "una volta provveduto alla notifica il Comune non si preoccupa più di nulla. Mancano controlli e strutture adeguate. Si fa affidamento unicamente sulla buona volontà dei napoletani."
In Sicilia, dove i conti chiari sono una favola che si racconta ai bambini per farli addormentare, la regione attende pagamenti per 15 miliardi di euro. Purtroppo per gli amministratori il meccanismo sta per essere fermato. Secondo il decreto 126 del Governo del 10 agosto scorso le amministrazioni saranno obbligate a eliminare dai conti i residui attivi. I 70 miliardi scompariranno per incanto e per molti enti il deficit diventerà una realtà. Il default del comune di Alessandria nel 2010 rischia di diventare un precedente per molte altre realtà sparse per la penisola.
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