Diciotto attivisti del variegato mondo No Vax e No Pass sono finiti sotto inchiesta, indagati dalla Procura di Torino con l'accusa di istigazione a delinquere, con l'aggravante del ricorso a strumenti telematici e istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato. L'indagine ha portato a perquisizioni in tutta Italia, con sedici città coinvolte. Molti degli indagati sono già noti alle forze dell'ordine per aver aderito a posizioni estremiste e per reati come resistenza, furto, rapina, estorsione e droga. Altri invece sono incensurati.
Tra i provvedimenti adottati anche due fogli di via nei confronti di altrettanti No Vax torinesi, Rosa Azzolina e Francesco Centineo, accusati di «condotte criminose durante le manifestazioni di piazza, con atteggiamenti oppositivi nei riguardi delle forze dell'ordine durante la gestione dei cortei non autorizzati». Durante le perquisizioni una tanica di acido è stata sequestrata nell'abitazione palermitana di un No Vax indagato: sulla chat di Telegram invitava a lanciare contro le forze dell'ordine bottiglie piene della sostanza corrosiva. Mentre a Siena la polizia ha sequestrato un passaporto nazifascista dell'epoca. Anche se il riferimento a simboli tipicamente di estrema destra è evidente, dalle perquisizioni non sono emersi collegamenti espliciti a Forza Nuova o a sigle eversive di stampo neofascista. A Brescia e Cremona sono invece stati ritrovati diversi coltelli e una balestra. A Torino gli indagati sono tre, fra cui una donna di 43 anni, parrucchiera. Secondo gli inquirenti erano i più intransigenti anche durante le manifestazioni con l'intento di radicalizzare la protesta.
Punto di riferimento per le loro comunicazioni, il canale Telegram - battezzato «Basta dittatura» - nato con lo scoppio della pandemia, che in poco tempo ha raccolto decine di migliaia di iscritti ed è diventato il punto organizzativo di tutti i principali spazi web di protesta e di promozione di eventi di piazza contro le norme anti-contagio. Secondo le indagini della Digos di Torino e della polizia postale la chat è «via via degradata» in uno spazio di odio permanente, una sorta di bacheca di «persistente incitamento a commettere gravi delitti». Ed è caratterizzata «da un persistente incitamento all'odio». Gli indagati, attraverso la chat, hanno «istigato sistematicamente all'utilizzo delle armi e a compiere gravi atti illeciti contro le più alte cariche istituzionali». Gli obbiettivi ricorrenti erano forze dell'ordine, medici, scienziati, giornalisti e altri personaggi pubblici accusati di «asservimento» e di «collaborazionismo» con la «dittatura» in atto. Presa di mira con pesanti insulti anche tutta quella parte di popolazione che, vaccinandosi e osservando le regole, ha accettato di rendersi «schiava dello Stato». Gli indagati invitavano a «impiccare, fucilare, gambizzare» complici e autori della «dittatura in atto», auspicando una «nuova marcia su Roma».
Il giro di vite contro gli estremisti arriva dopo 17 settimane di manifestazioni di piazza ed ora la polizia postale di Torino chiederà alla Procura di avviare le procedure per chiudere la chat «Basta dittatura», attraverso la quale i manifestati non hanno fatto tardare le loro reazioni non appena si è diffusa la notizia delle perquisizioni. Pesante il tenore dei messaggi: «Bisognerebbe andare sotto il palazzo e lanciare le bombe tutti insieme», si legge in uno dei tanti messaggi.
Oppure ancora minacce con la celebre foto di piazzale Loreto, come a evocare la stessa fine per la Digos e per gli esponenti delle istituzioni: «Mandiamo a fanculo tutte le merde criminali della Procura, dell'Antiterrorismo, della Digos e la Nazipostale (inondateli di merda). Appena distruggeremo la dittatura finirete in piazza Loreto (sapete già in che posizione)».
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