Un'altra bomba può esplodere sul tavolo del governo e di palazzo Chigi. Anche questa volta ad innescare l'ordigno sulle casse dell'erario potrebbe essere la Consulta che in questi giorni discute le cause sugli adeguamenti fermi al 2009 sui cintratti degli statali. Il 23 giugno prossimo arriverà il verdetto della Corte Costituzionale. La partita giocata dalla Consulta col governo sarebbe simile a quella giocata sul tavolo delle pensioni. Se venisse respinto il blocco degli adeguamenti allora il conto sarebbe salatissimo e ammonterbbe fino a 18 miliardi. Il congelamento delle retribuzioni risale al 2010. L'obiettivo era quello di contenere l'aumento della spesa pubblica. La norma è stata poi confermata da Monti, Letta e Renzi nella legge di stabilità del 2015. E così sono scattati i ricorsi alla Consulta.
"È esattamente quello che è accaduto per il blocco dell'indicizzazione delle pensioni minime - spiega il segretario della generale della Cisl Funzione Pubblica, Giovanni Faverin, al Giorno - . È stato deciso un blocco temporaneo per i dipendenti pubblici che poi però viene rinnovato da anni e che non serve nemmeno a ridurre la spesa pubblica, comunque cresciuta di cento miliardi". Così al ministero della Pa ci si aggrappa ai precedenti. La Consulta nel passato ha dichiarato legittimo il blocco se "temporaneo a destinazione solidaristica". Ma in questo caso non c'è stato alcun risparmio di risorse. L'ex giudice della Consulta Sabino Cassese avverte i coleghi: "Nei prossimi mesi sono previste decisioni su ricorsi che potrebbero avere un grande impatto sul bilancio dello Stato, basti pensare a quella sui contratti del pubblico impiego. Io mi aspetto che la Corte Costituzionale faccia il suo mestiere, quello di bilanciare diritti.
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