Boldrini, svolta renziana sul referendum

La presidente della Camera travalica il suo ruolo e interviene a favore della riforma

Boldrini, svolta renziana sul referendum

Roma - Laura Boldrini, presidente della Camera, arricchisce la sua visita a Genova per il 25 aprile con una inattesa carezza diretta al premier, Matteo Renzi.

«Il referendum - scandisce - non tocca la prima parte della Costituzione che sono i nostri valori fondativi». Se non è un endorsement, quello che spunta tra le parole di rito per le celebrazioni dell'anniversario della liberazione, poco ci manca. Per la terza carica dello Stato, intervenire su un tema così scottante non era scontato né necessario. Eppure lei ha deciso di farlo.

Così, mentre l'Anpi boccia la riforma, la Boldrini invece certifica di suo pugno la correttezza istituzionale della consultazione popolare del prossimo ottobre, benedice «il testimone che passa agli italiani», si augura che «ci sia un'informazione dettagliata, specifica sui contenuti, sul fatto del cambiamento della Costituzione», auspica che si faccia «informazione al di là delle polemiche». E soprattutto aggiunge un'altra piastrella sulla strada che la avvicina al giovane presidente del Consiglio non eletto, che proprio quel referendum di ottobre sta trasformando in un voto su se stesso e sul lavoro dell'esecutivo.

Non è la prima mossa della presidente della Camera, eletta con Sel, che viene da più parti interpretata come una evidente strizzata d'occhio a Palazzo Chigi. L'ultimo precedente risale allo scorso 10 febbraio, in occasione della nomina del nuovo capo ufficio stampa di Montecitorio.

Perché quando la Boldrini decide di non rinnovare l'incarico ad Anna Masera, spalanca le porte della Camera a un giornalista renziano doc, Stefano Menichini. La poltrona all'ultimo direttore del quotidiano del Pd Europa, e poi consulente di Graziano Delrio al ministero delle Infrastrutture, è passata - formalmente - attraverso una selezione politically correct tra 270 colleghi poi ridotti a 12, ma ha comunque sollevato feroci polemiche proprio per la chiara connotazione politica del prescelto.

Appena un giorno dopo, peraltro, Lady B è in visita istituzionale a Cipro. E da Nicosia riserva un altro plauso al premier, commentando con i giornalisti la lettera a Repubblica in cui il presidente del Consiglio attaccava la Ue sull'austerity: «Sono molto d'accordo con Matteo Renzi. Bisogna superare l'austerità e rilanciare la crescita».

Un salto di pochi mesi all'indietro ed ecco che a ottobre scorso Laura Boldrini, incontrando a Milano il sindaco Giuliano Pisapia, elargisce altre parole al miele per Renzi. Che «non è il nemico della sinistra», assicura la terza carica dello Stato, il cui nuovo corso con l'inquilino di Palazzo Chigi è cominciato con gli scambi di affettuosità a proposito delle politiche sull'immigrazione e del diritto all'asilo - temi carissimi alla presidente della Camera - perseguite dal governo.

Lo scoppio della pace è tutto sommato recente.

Basti pensare che appena un anno fa, a marzo 2015, Renzi, stuzzicato dalla presidente della Camera su Jobs act e riforma della Rai, aveva attaccato duramente la Boldrini, considerata espressione di un «disegno politico» a lui ostile e rea di essere «uscita dal suo perimetro di intervento istituzionale con valutazioni di merito che non le spettano». Un po' come le valutazioni odierne sul referendum costituzionale, che però sono di segno radicalmente opposto, e che Renzi di certo non stigmatizzerà.

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