Mentre la gente si alterna ancora in turni incessanti per spalare il fango, la magistratura apre la fase post alluvione e comincia ad analizzare le carte. La Procura di Ravenna e la Procura di Forlì-Cesena hanno aperto un fascicolo ognuna per l'ipotesi di reato di disastro colposo. L'inchiesta al momento è a carico di ignoti e raccoglie le prime relazioni di Protezione civile e forze dell'ordine. Più avanti, una volta terminata la fase dei soccorsi alle persone e prosciugate le aree allagate, a Ravenna il titolare dell'indagine - il Procurare capo Daniele Barberini - potrebbe decidere di affidare specifiche consulenze tecniche e sopralluoghi.
Per quando riguarda le vittime finora identificate, per loro sono stati aperti fascicoli modello 45 (cioè conoscitivi, senza ipotesi di reato) dal pm di turno Angela Scorza, ma non è escluso che per alcuni casi si possa poi procedere con ipotesi di omicidio colposo.
Anche per quando riguarda la prima alluvione, quella che aveva flagellato il territorio ravennate a inizio mese, era stato aperto un fascicolo. Un «atto dovuto». Per ora sono stati acquisiti foto, documenti e report sia della Protezione Civile che delle forze dell'ordine. Il materiale servirà a ricostruire la dinamica dei primi soccorsi, il tempo trascorso tra la prima allerta ai sindaci e l'esondazione. E analizzerà i numeri: dai millimetri di pioggia caduti alla portata dei canali. Le indagini analizzeranno anche i soccorsi e i danni della prima ondata di maltempo che ha tormentato la Romagna, quella tra l'1 e il 4 maggio. L'obbiettivo è capire se ci sono state mancanze e ritardi, se il disastro si poteva evitare, se quelle vite (in tutto le vittime sono 14) si potevano risparmiare.
Tecnicamente le relazioni richieste dalla Procura sono definite «report post evento». «Al verificarsi di eventi particolarmente intensi o che provocano danni sul territorio regionale - spiega la Protezione civile - per una maggiore comprensione degli eventi stessi, vengono elaborati dei Rapporti tecnici che descrivono puntualmente l'evoluzione dei fenomeni occorsi. Le relazioni contengono le analisi dei dati meteo e le descrizioni dettagliate degli eventi, insieme ai principali effetti e danni accaduti sul territorio». Arriverà poi il momento in cui la magistratura si soffermerà sul pregresso. Cioè sullo stato dei fiumi prima dell'alluvione. E a quel punto dovrà analizzare i dati del dissesto idrogeologico dell'intera regione.
Una di quella serie (abbondante) di mappe che esistono, si sa che esistono ma nessuno prende mai in considerazione sul serio fino al post tragedia. In particolar modo, in base al rapporto di Ispra, emerge che l'Emilia-Romagna rientra tra le regioni in cui le percentuali di territorio potenzialmente allagabile sono superiori alla media nazionale. Il motivo è legato alla rete di canali di bonifica e corsi d'acqua minori che si snodano dai colli alla pianura romagnola. E, scrivono i tecnici dell'istituto, è dovuto anche alla presenza di alvei stretti e pensili, di regimazioni e rettifiche nei tratti di pianura. Ispra spiega che il reticolo di bonifica è per lo più insufficiente, «per tempi di ritorno superiori a quelli previsti per lo scenario di pericolosità elevata» e quindi genera «allagamenti diffusi su estese porzioni del territorio».
E poi si legge: le province con maggiori porzioni di territorio inondabile sono Ravenna e Ferrara, con percentuali che arrivano rispettivamente all'80% e quasi al 100% in caso di scenario di pericolosità media da alluvioni. Ravenna è, inoltre, esposta al rischio di alluvione l'87% della popolazione in caso di alluvioni di media portata.
Di fatto un copione che si è realizzato ma che era già annunciato. La pioggia cumulata in 48 ore dal 15 al 17 maggio ha registrato picchi di 300 millimetri in provincia di Forlì. Nel ravennate e sul settore orientale del bolognese sono in media caduti tra i 150 e i 200 millimetri.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.