Bonafede annacqua la relazione ma i grillini sono pronti a sacrificarlo

Renzi o non Renzi, un Conte ter val bene un Bonafede.

Bonafede annacqua la relazione ma i grillini sono pronti a sacrificarlo

Renzi o non Renzi, un Conte ter val bene un Bonafede. E così mentre il M5s si prepara a mettere sul piatto delle trattative con Matteo Renzi la testa del Guardasigilli Alfonso Bonafede, lui, il ministro capodelegazione grillino, consegna la sua relazione annuale sullo stato della Giustizia. Il casus belli che ha provocato le dimissioni di Giuseppe Conte. Come anticipato dal Giornale il 26 gennaio, Bonafede non si presenterà alle Camere per illustrare il documento, né tanto meno per sottoporlo al voto del Parlamento. Era un adempimento da sbrigare per forza prima di fine mese, in concomitanza con l'anno giudiziario che comincerà il 30, ma con il governo dimissionario il ministro ha fatto a meno di recarsi in Aula. In una condizione di buio normativo, ci si è affidati a due precedenti. Il testo è un amo alla concordia. Per Bonafede un tentativo per salvarsi, per i Cinque Stelle un ramoscello d'ulivo a Renzi. E allora si sorvola sulla prescrizione, solo un accenno criptico alle scarcerazioni dei boss causa emergenza Covid, nulla che possa alimentare la polemica politica. Duecento pagine di dati e cose fatte. Perché se non si dice alcunché non si scontenta nessuno. Poi certo, c'è il Recovery Plan. Sventolato da Bonafede come il grande successo. 3 miliardi del «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza» sono per la giustizia. Di cui 2,3 miliardi sono destinati all'assunzione di personale a tempo determinato.

Tutto consegnato e pubblicato nella giornata precedente la salita al Colle del M5s. Ben sapendo che proprio la casella del ministero della Giustizia è uno dei punti della trattativa. I renziani potrebbero porre il cambio al vertice di Via Arenula come una delle condizioni per accettare un terzo governo guidato dall'avvocato di Volturara Appula. Il M5s, nonostante le dichiarazioni, sta aspettando un segnale per risedersi al tavolo e far rotolare metaforicamente la testa di Fofò. «Farei fatica a sedermi al tavolo con Renzi», ha detto, a questo proposito, il reggente Vito Crimi nelle ultime ore. Ma tutto sta nel condizionale al posto dell'indicativo. Infatti oggi Crimi salirà al Colle con un mandato un po' diverso da quello che si è autoassegnato alla fine dell'assemblea congiunta in streaming di martedì notte. Ovvero, dopo una pressione da parte dei rappresentanti dei gruppi parlamentari, il Movimento porrà una sorta di veto soft nei confronti dell'ex rottamatore, se così si può chiamare.

Quindi nessuna chiusura a riccio. Non una pregiudiziale a tutti i costi, ma un «ni» con toni più morbidi. Pattinando tra la giustizia e il Recovery Plan. Planando tra la corsa ai vaccini e la caccia ai responsabili che continua, il vero obiettivo dei grillini è avere una maggioranza il più ampia possibile. Dove Renzi non sia più l'uomo decisivo in grado di staccare la spina. Poi se dovesse saltare il nome di Conte, allora la partita comincerebbe daccapo. Su questo fronte, i Cinque Stelle proverebbero a fare il colpaccio piazzando un premier grillino. Uno tra Stefano Patuanelli, titolare del Mise, il presidente della Camera Roberto Fico e l'ex leader e ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Intanto Alessandro Di Battista continua a picconare sulle strategie occulte dei pentastellati.

Dibba guarda già alle elezioni e chiude la porta a Renzi durante un'intervista ad Accordi e Disaccordi sul canale Nove. «Conte deve riaprire a Matteo Renzi, sì o no? Per me Renzi deve rimanere fuori dalla porta e spero che Conte sia il candidato premier M5S e Pd alle prossime elezioni», dice l'ex deputato.

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