La bonifica, il testimone e lo scudo. Tutti i buchi dei servizi segreti

Lo sparo da soli 137 metri: i tiratori hanno inizialmente ignorato l'allarme sulla presenza di un sospetto su un tetto. La protezione ravvicinata troppo "soft"

La bonifica, il testimone e lo scudo. Tutti i buchi dei servizi segreti
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«L'attentatore non era un professionista, altrimenti Trump sarebbe morto. Però è incredibile che il tetto da dove ha sparato non fosse presidiato. Il buco nella sicurezza più clamoroso», spiega a Il Giornale un veterano delle scorte ai leader di mezzo mondo in visita in Italia. «Con le procedure e gli apparati di oggi non può accadere che una posizione sopraelevata a meno di 200 metri da Trump, che magari è stata bonificata come si deve fare, non fosse presidiata dagli agenti, dopo i controlli, durante il comizio», sottolinea la fonte, che ha operato fianco a fianco con il Secret service di scorta ai leader Usa.

Il Giornale ricostruisce tutti i «buchi», gli errori e le incertezze della sicurezza che protegge presidenti in carica, gli ex e pure i candidati alla Casa Bianca. Il primo dubbio riguarda il ruolo delle squadre «Occhio di falco», come vengono chiamati i tiratori scelti, composte da due operatori, uno che imbraccia il fucile di precisione e ha il compito di sparare (sniper) e l'altro con il ruolo di osservatore (spotter) che fornisce informazioni sul bersaglio. Una squadra anti-cecchino (counter sniper) era dietro al palco dove parlava Trump, in posizione elevata come da manuale. «Come è possibile - si chiede la fonte de Il Giornale - che non si siano resi conto che c'era qualcuno sul tetto di uno dei pochi edifici dell'area a distanza pericolosa?». Quando Thomas Matthev Crooks spara si vede chiaramente da un filmato che il tiratore scelto del Secret service è preso alla sprovvista e poi tira il grilletto eliminando l'attentatore, ma ci vogliono 10 secondi. Il cecchino è riuscito a sparare da 3 a 6 colpi e uno ha preso di striscio l'orecchio destro di Trump. Pochi millimetri e poteva colpirlo mortalmente alla tempia.

I tiratori scelti non hanno individuato il cecchino prima che sparasse, a 137 metri dal suo target. «L'aspetto più grave è che la procedura prevede la bonifica, ovvero il controllo palmo a palmo per la presenza di ordigni o persone, almeno nel raggio di 200 metri. E i primi punti a rischio sono i tetti circostanti o qualsiasi posizione sopraelevata», ribadisce il veterano italiano. L'attentatore era sul tetto semi-ondulato dello stabilimento della AGR International Inc a 134 metri in linea d'aria dai tiratori scelti che proteggevano Trump. «La procedura prevede non solo la bonifica preventiva - aggiunge - ma poi il punto a rischio, soprattutto un tetto, va presidiato anche da agenti di polizia se non c'è personale sufficiente a disposizione. Incredibile che sia stato lasciato scoperto». Ancora più grave, se corrispondesse al vero, la testimonianza di Ben Macer, un manifestante pro Trump, che ha dichiarato di avere visto l'attentatore «spostarsi di tetto in tetto. Ho detto a un agente che era sul tetto. Quando mi sono voltato per tornare dov'ero, sono iniziati gli spari». Forse gli agenti non hanno capito o non sono riusciti a dare l'allarme in tempo, ma se fosse stata anche solo inoltrata la segnalazione via radio «il secret service sarebbe intervenuto immediatamente, portando via Trump senza chiedersi se la minaccia fosse reale oppure no».

Il veterano conferma il mezzo miracolo: «È incredibile che l'ex presidente non sia stato centrato mortalmente, nonostante l'attentatore abbia sparato più colpi. Non era, comunque, un professionista. Altrimenti avrebbe usato anche un banale fucile di precisione da caccia con calibro più pesante, ma più efficace». I proiettili dell'Ar 15 hanno un calibro «leggero» 5,56 ed è l'erede dell'M-16, che le reclute dell'esercito Usa utilizzano per colpire un bersaglio a 150 metri, 13 in più rispetto alla posizione del cecchino.

Un'altra anomalia della sicurezza riguarda alcuni momenti dell'intervento del Secret service dopo i primi spari. La procedura americana prevede, come hanno fatto gli agenti in borghese della protezione ravvicinata, di circondare l'ex presidente con il proprio corpo facendo da scudo. «Però va portato via immediatamente, vivo, ferito o morto - spiega la fonte de Il Giornale -. E il fatto che Trump sia riuscito pure a fermarsi alzando il pugno verso il cielo, aprendo quasi un varco, per la foto del volto insanguinato che diventerà iconica, è una falla della sicurezza». Attraverso gli auricolari era arrivata la comunicazione «shooter down (tiratore abbattuto)», ma se il piano fosse stato più articolato con dei complici, un secondo attentatore poteva colpire in faccia l'ex presidente. Per di più non è intervenuto l'uomo di scorta con scudo balistico, a forma di valigetta, che si apre in pochi secondi e serve a proteggere, corpo o testa del bersaglio.

Un sistema ben più utile rispetto alle mani nude degli agenti in borghese che a più riprese cercavano di coprire e abbassare la testa di Trump. «Se non fosse impossibile - osserva la fonte con un sorriso - sembrerebbe fatto apposta per far scattare la foto dell'anno».

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