"La borghesia? È incafonita. E la sinistra non ha capito il nostro cinema popolare"

Il regista che ha raccontato un'epoca. "Ora l'Italia socialista voterebbe a destra"

"La borghesia? È incafonita. E la sinistra non ha capito il nostro cinema popolare"
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Tornato nella sua amata Versilia, ospite a «Gli incontri del Principe», storico salotto estivo condotto dal giornalista Stefano Zurlo, dal quinto piano del celebre Gran Hotel Principe di Piemonte, Enrico Vanzina guarda il panorama e si lascia andare ad una battuta che sa tanto di finale amaro: «Non è la Versilia a essere cambiata, è l'Italia».

Suo padre era liberale in un mondo, quello della cultura, dominato dal Pci.

«Erano un gruppo di amici, come anche Flaiano, che confluirono nel Mondo di Pannunzio. A Roma vivevamo in un quartiere dove vicino abitava Giovanni Malagodi e ogni tanto andavamo in pellegrinaggio papà, io e Carlo (da piccoli) a guardare le finestre del politico liberale».

Chi erano i grandi personaggi che frequentavano la vostra casa?

«Una lista infinita. Soldati, Flaiano, l'amico della nostra vita, Totò, Sordi... da piccolo ma lo ricordo bene vidi anche Leo Longanesi».

Qual è il segreto della «leggenda» di Totò?

«È stato il più bravo di tutti. Lui seguiva l'orario alla francese, iniziando le riprese a mezzogiorno perché sosteneva che la mattina non faceva ridere. Quando con la nostra famiglia andavamo a trovarlo a casa ci offriva del tè. Era un uomo dai modi gentili, elegante e legatissimo a papà».

E di Alberto Sordi?

«Lui per tutta la vita ha raccontato gli italiani sullo schermo, guardandoli e osservandoli; ad un certo momento il suo modello è diventato così forte che gli italiani hanno copiato lui».

Quando conosce Gigi Proietti?

«A New York nel 1970. Ero ospite di mio fratello che stava facendo l'aiuto regista di Monicelli. La prima sera andammo a vedere Ray Charles che suonava all'Apollo. Tutti si girarono verso di noi perché eravamo gli unici bianchi nel tempio della musica nera. Rimanemmo fermi, lui guardò il pubblico alla mandrake e poi arrivando verso di me disse: Mi sto cagando sotto!».

Poi giraste il capolavoro «Febbre da cavallo».

«Offrirono il film a papà e siccome io conoscevo la materia mi chiese di aiutarlo. Alla fine della sceneggiatura si congratulò: Da grande potrai fare lo sceneggiatore».

La figura di Mandrake?

«Era uno dei personaggi che frequentavano il mondo delle corse».

«Sapore di mare» compie quarant'anni.

«Mai avremmo immaginato quel successo. Proponemmo come titolo Sapore di sale, ma c'era già un soggetto depositato alla Siae con lo stesso nome, così dovemmo cambiare. Fu un colpo di fortuna. Grazie Gino, forse il film si deve a te».

Un aneddoto?

«Gran parte del film è girato a Fregene e il ruolo di Virna Lisi lo offrimmo all'inizio a Catherine Spaak che non accettò».

Lei definì Virna Lisi una delle più belle donne incontrate.

«La più bella perché riusciva a coniugare la bellezza del volto con quella del cuore. Ma soprattutto un'altra cosa, è stata bella in tutte le età».

«Vacanze di Natale»: «L'Italia socialista» disprezzata a Cortina dalla signora Covelli (Rossella Como) oggi come voterebbe?

«A destra».

E la Covelli?

«Adesso è lei che vota sinistra».

La battuta di Giovanni Covelli (Riccardo Garrone): «E anche questo Natale ce lo semo levato dalle palle»?

«Mi è venuta mentre scrivevo la scena, mi sono messo a ridere io, molto».

Cos'è accaduto alla borghesia italiana?

«Ad un certo punto ha fatto una scelta, invece dell'essere ha preferito l'avere e si è incafonita moltissimo. In questo momento noi abbiamo una società cafona con dei politici in larga parte cafoni».

La sinistra ha sempre disprezzato i vostri film.

«Che però piacevano al popolo. È stato un errore clamoroso. Non hanno capito l'importanza del cinema popolare italiano che ha raccontato meglio di tutti questo Paese».

Il segreto del suo successo?

«L'attenta osservazione della realtà intorno a noi. Qualche tempo fa ho fatto una lunga passeggiata a Villa Borghese con Carlo Verdone. Stavamo chiacchierando e ci siamo detti: Ma cosa abbiamo fatto nella nostra vita?. Siamo arrivati a questa conclusione: abbiamo pedinato gli italiani» (ride).

Il cinema è un'industria?

«Artigianato che talvolta diventa arte».

La recente vittoria del «David di Donatello»?

«Quando ricevendomi al Quirinale il Presidente della Repubblica mi ha detto finalmente un riconoscimento alla commedia di questo Paese, per me è stata la vittoria di Steno, Risi, Monicelli...».

Il 12 giugno è scomparso Berlusconi. Quale titolo darebbe alla sua vita?

«Vita da Silvio».

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