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Borghi: "Uscire dall'Euro sarebbe un bene per l'Italia"

Borghi adesso propone nuovamente l'ipotesi di un'uscita dall'Euro del nostro Paese in un'intervista a un settimanale tedesco

Borghi: "Uscire dall'Euro sarebbe un bene per l'Italia"

Il patto di governo ormai è un ricordo. Dopo lo strappo tra Conte e Salvini, di fatto si apre una stagione nuova per questa legislatura. Una stagione che inevitabilmente verrà delineata dalle consultazioni del Colle e che potrebbe avere esiti impensabili fino a qualche giorno fa come un asse giallorosso tra Pd e M5s. E in questo quadro di crisi e di grande incertezza fanno nuovamente discutere le parole del leghista Borghi, presidente della Commissione bilancio alla Camera. L'esponente del Carroccio ha infatti riproposto il piano di un'uscita dall'Euro per l'Italia. Le dichiarazioni rilasciate alla rivista economica tedesca Capital non lasciano spazio a dubbi: "Sono convinto che l'uscita dall'euro sarebbe un fatto positivo per il nostro paese. La moneta unica ha ostacolato la crescita dell'Italia e l'ha privata della libertà di decidere la propria politica fiscale". Parole chiare che di fatto riaprono il dibattito sui venti anti-euro che soffiano a Roma. L'affondo di Borghi sulla moneta unica è chiaro e non ha giri di parole: "L’euro è la valuta sbagliata per l’Italia". E in questo scenario vanno anche sottolineate le parole del vicepremier, Matteo Salvini, in Senato in cui di fatto ha messo nel mirino l'Europa accusandola di essere la principale responsabile della crescita che stenta a ripartire nel nostro Paese. Salvini ha affermato in Aula di "volere un Paese libero da chi dice cosa si può e cosa non si può fare".

Insomma il fronte economico torna ad infiammarsi dopo le dimissioni di Conte.

Al centro dello scontro tra palazzo Chigi e il Viminale non c'è solo la gestione del fronte migranti ma anche le diverse ricette economiche che 5 Stelle e Lega vogliono mettere sul campo. Una flat tax per tutti molto probabilmente avrebbe trovato la strada sbarrata in Europa. E le parole di Borghi, lette in questo senso, sono una nuova "dichiarazione di guerra" da parte del Carroccio a Bruxelles.

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