Il boss prega il giudice. "Allontani mio figlio così lo salverà da me"

La richiesta al magistrato: "Lo porti via da qui. Io sono un fallimento, non un mito"

Il boss prega il giudice. "Allontani mio figlio così lo salverà da me"

Il suo destino sembrava segnato. A soli 14 anni si era candidato a prendere il posto del padre, un boss mafioso detenuto al 41 bis. Ma, per fortuna, le cose sono andate diversamente. In questa storia hanno vinto l'amore, quello di un padre per il proprio figlio, e la legge dello Stato, che, avvalendosi di un valido progetto ramificato sul territorio, ha strappato il ragazzino a un destino segnato.

Il primogenito di un boss mafioso nel 2021 non deve seguire le orme del padre, anzi, va seguito e indirizzato alla legalità. Così il minorenne è stato allontanato dalla sua città, Catania, per essere affidato a una comunità protetta fuori dalla Sicilia con il progetto «Liberi di scegliere». Perché ciò avvenisse, il boss ha chiesto aiuto al presidente del Tribunale di Catania, Roberto Di Bella, durante un colloquio previsto dalla legge.

«Dottore, la prego gli ha detto - tenga lontano mio figlio da quel maledetto quartiere». «Durante il colloquio, mi ha parlato della sua sofferenza - racconta Di Bella -. Mi ha raccontato del dolore che prova nel non potere abbracciare i suoi figli, può incontrarli esclusivamente dietro al vetro blindato del 41 bis». Il giudice, accogliendo la richiesta del boss, gli ha proposto un «patto educativo» per «evitare a suo figlio la sofferenza che sta provando lei». Il ragazzino adesso si trova al sicuro e potrà crescere nella legalità, quella stessa che il padre gli ha raccomandato di seguire, lontano dal suo esempio. «Rispetta tutte le indicazioni che ti danno in comunità gli ha scritto in una lettera - e, soprattutto, non mi considerare un mito, ma un fallimento».

Il lieto fine in questa storia non riguarda solo il 14enne in questione, perché ci sono altri due casi che sotto stati presi sotto l'egida della legalità. Sempre a Catania, due madri che erano rimaste destinatarie di misure cautelari «hanno chiesto di essere aiutate a lasciare con i figli i contesti di origine». «E così è scattato il protocollo Liberi di scegliere - dice Di Bella - che prevede un percorso di accompagnamento e sostegno da parte dell'associazione Libera, per un nuovo inserimento, anche lavorativo».

Il presidente del tribunale di Catania ha sottolineato l'importanza della cooperazione tra le istituzioni e la società civile, magari partendo «dalla scuola e dal tempo prolungato, anche alla luce del fatto che in città «la dispersione scolastica ha livelli preoccupanti, arrivando al 22 per cento dei minorenni fra i 6 e i 16 anni».

E quando i ragazzi abbandonano precocemente la scuola, si sa, c'è un rischio abbastanza alto che possano finire in brutti giri, anche date le scarse possibilità di inserirsi, lavorativamente parlando, nella società. Da qui l'idea per un'altra iniziativa: chi non manda i figli a scuola perderà il reddito di cittadinanza e gli altri sussidi legali alla scolarizzazione. Il Tribunale ha già fatto le prime segnalazioni all'Inps.

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