Bot, bugie e vip: ecco la "disinformazia" russa

Account falsi creati per accusare Kiev della strage. Con l'aiuto di scrittori e giornalisti italiani

Bot, bugie e vip: ecco la "disinformazia" russa
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Ci sono quelli che ci credono davvero, e sono una piccola minoranza. Ci sono quelli che lo fanno smaccatamente per soldi o per interesse personale. Non mancano quelli che ci tengono a fare i bastian contrari per ritagliarsi un ruolo che altrimenti non avrebbero. Si vedono ovunque account fasulli, generati in maniera automatizzata per spargere falsità su un determinato argomento. E poi ci sono gli idioti che credono a tutti, facili da arruolare perché naturalmente disposti, che diventano utili a uno scopo che nemmeno loro conoscono. Così, in sintesi, funziona la macchina della disinformazia made in Russia che da tempo ha invaso i social media del mondo ma che dopo l'attentato al teatro di Mosca ha alzato il tiro della propaganda, con buona pace della realtà dei fatti.

Joseph Goebbels, ministro della propaganda della Germania nazista e braccio destro di Hitler, sosteneva che «una menzogna ripetuta all'infinito diventa una verità». E grazie all'utilizzo dei social media questo concetto viene spinto all'estremo. E così, se Putin, anche senza nessuna evidenza o prova o altro, dice che nell'attentato di Mosca c'è la mano ucraina, ecco che la macchina della propaganda si mette in moto. Il padrone ordina, i falsari eseguono. Negli ultimi giorni sui social, in particolare su X, il fu Twitter, basta utilizzare hashtag che richiamano all'attacco dell'Isis a Mosca per veder spuntare commenti tutti uguali. Utenti appena creati, che non seguono nessuno e non sono seguiti da nessuno, che linkano video fasulli per evidenziare fantomatiche responsabilità ucraine nella strage di venerdì scorso. Sono tantissimi, tecnicamente si chiamano «bot» e non sono altro che account falsi, creati da un algoritmo, che non corrispondono a nessuna persona o entità fisica, utilizzati solo e soltanto per spargere notizie false. Nel documento conclusivo dell'ultimo vertice Ue c'è forte il richiamo a fare attenzione a questo tipo di propaganda.

Una macchina che anche da noi trova terreno fertile non solo per i fessi che abboccano a tutto, ma anche grazie all'opera di alcuni volti noti. Tra i tanti spicca un giovane 23enne, Amedeo Avondet, fondatore del sito Il Corrispondente, la cui unica attività è diffondere acriticamente tutte le «notizie» che escono dal Cremlino. Meglio se palesemente false. E i suoi pseudo articoli, non a caso, sono linkati dal fiume di account bot che affollano la rete. «Sono stato il primo a dire che nell'attentato a Mosca c'è la mano ucraina», si vanta il giovane. Chissà come mai. C'è poi un altro volto noto, il controverso scrittore Nicolai Lilin, candidato in pectore alle prossime europee con la lista di Michele Santoro. Il suo account X è stato momentaneamente sospeso dopo che ha diffuso due bufale clamorose, le ultime di una lunghissima serie, peraltro. Prima sosteneva con certezza granitica che un ministro ucraino ammettesse responsabilità nell'attentato con tanto di link a un video falso e creato con l'intelligenza. artificiale.

Poi affermava tronfio (perché gli altri non lo dicono, ma lui che la sa lunga invece sì) che uno degli attentatori avesse passaporto ucraino, mostrando però il documento di un altra persona. Del resto, il suo «capo politico», Santoro, proprio ieri sproloquiava: «Putin non è un mostro, come si può negare una responsabilità ucraina?». Semplice: con i fatti, con la verità e senza propaganda made in Mosca.

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