È ora un gioco di tweet diplomatici, di dichiarazioni misurate di entrambe le parti per segnalare la volontà di andare avanti nelle discussioni ma senza perdere la faccia di fronte all'opinione pubblica. Lo stallo nelle negoziazioni tra Londra e Bruxelles sulla futura relazione commerciale tra i due blocchi evolve rapidamente e quello che venerdì sera veniva presentato come un punto morto nel dialogo tra le parti, a meno che l'Ue non cambi, oggi ritorna a essere un torniamo a parlarci, a patto però che entrambi cambino.
Il movimentato lunedì in salsa Brexit è cominciato già nella serata di domenica, quando Michael Gove, ministro inglese e plenipotenziario di Johnson per le questioni europee dice che la porta rimane socchiusa, ribadendo il messaggio del primo ministro inglese di venerdì scorso: se non c'è un fondamentale cambio di approccio da parte dell'Ue non ha senso continuare nelle negoziazioni. La giornata di ieri comincia poi sulla stessa lunghezza d'onda, con Gove che davanti ai Comuni dà conto del sostanziale stallo in cui si sono impantanate le discussioni: manca poco per trovare la quadra ma nessuna delle due parti cede su pesca, aiuti di stato e meccanismo per regolare le future controversie. Durante il suo intervento, tuttavia, il primo colpo di scena: il caponegoziatore Barnier segnala al suo omologo inglese Frost la disponibilità europea a riprendere le trattative. Su twitter poi Barnier scrive: «Confermo che l'Ue rimane disponibile a intensificare i colloqui a Londra questa settimana, su tutti gli argomenti, e basati su testi legali. Aspettiamo ora la reazione del Regno Unito». Il messaggio ricalca le richieste di Londra. Dirsi disponibili a discutere su tutto ed essere pronti ad abbozzare un testo legale è un cambio di passo da parte dell'Europa che finora ha usato i punti di divergenza con Londra come la pesca per tenere in sospeso le discussioni su temi dove c'è maggiore consonanza. È un riflesso della forza e della risolutezza della posizione inglese, commenta Gove. Su un aspetto però Barnier non si sbilancia, è la richiesta avanzata da Bruxelles la scorsa settimana, e rigettata da Londra, che le concessioni vengano tutte da parte inglese. Qui basta l'intervento di Sefcovic che ribadisce che l'Ue «non ha intenzione di firmare un accordo a ogni costo». Una dichiarazione che sembra comunque segnalare una disponibilità europea al compromesso.
La situazione diplomatica, tuttavia, cambia veloce in queste ore e nel tardo pomeriggio di ieri un comunicato di Downing Street, a commento del colloquio tra Barnier e Frost, raggela gli entusiasmi: bene intensificare le discussioni ma «il Regno Unito continua a credere che non ci siano le basi per riprendere il confronto a meno di un fondamentale cambio di approccio da parte dell'Ue». Cioè accettare che compromessi devono «arrivare dall'Ue così come dal Regno Unito».
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