Brexit, solo chi scommette vede Londra ancora nella Ue

Gli allibratori puntano sui ripensamenti dell'ultimo minuto. Ma i mercati scendono sempre più in basso

Brexit, solo chi scommette vede Londra ancora nella Ue

Gli unici a non fare neppure un plissé davanti al debordante incedere dei pro-Brexit delineato dai sondaggi, sono i bookie: imperterriti, continuano a non credere al divorzio, «bancato» ancora a 2,32 contro l'1,52 del remain. Certezze, quelle dei Signori delle scommesse, che stridono come il classico gessetto sulla lavagna se paragonate al tremebondo andamento dei mercati, stretti in uno psicodramma collettivo che risucchia gli indici, rende sempre più palpabile la fuga verso gli investimenti risk free e riporta in fibrillazione gli spread. Con le elezioni spagnole quasi alle porte, e i timori crescenti che un partito anti-europeista come Unidos Podemos faccia saltare il tavolo, si profila la possibilità che la prossima settimana, quella con l'incrocio pericoloso del referendum inglese (giovedì 23) e del voto iberico (domenica 26), si scateni una vera e propria tempesta perfetta.

La fragilità dei mercati, in rosso ieri per il quinto giorno consecutivo, non lascia ben sperare. Da venerdì scorso, le Borse hanno polverizzato qualcosa come 476 miliardi di euro (172 solo ieri). Perdite virtuali, certo, ma a patto di recuperare quanto finora lasciato sul terreno. Per Piazza Affari, scesa di un altro 2,11%, sarà come scalare una montagna con le infradito: la flessione accumulata negli ultimi sei mesi (il 22,6%) comincia a essere pesante, frutto per lo più della picchiata senza fine delle banche (-46%). Recupero reso ancora meno agevole da un altro fronte caldo che si potrebbe aprire: il differenziale tra i Btp e il Bund è risalito fino a quota 151, un livello mai più toccato dallo scorso febbraio. Un prezzo da pagare inevitabile: la fiammata dello spread è in parte legata allo scivolamento dei rendimenti del decennale tedesco sotto lo zero (un fatto mai accaduto) e all'elevato indebitamento dell'Italia, visto come un fattore di rischio in momenti come questo.

Non è un caso, infatti, che nel suo appoggio al «Bye-bye Bruxelles» fin dall'emblematico titolo dell'editoriale di ieri («BeLeave»), il Sun abbia ieri tirato in ballo proprio il nostro Paese. «La Grecia è in bancarotta - scrive il giornale pop di Rupert Murdoch -. L'Italia rischia di seguirla sulla stessa strada, con conseguenze disastrose». Meglio quindi abbandonare la barca europea prima che affondi, perché restare nell'Unione significherebbe far fronte a più migranti, avere meno posti di lavoro, guadagnare meno e peggiorare lo stile di vita. «Votate Leave e noi riaffermeremo la nostra sovranità, adottando un futuro di autogoverno, nazione potente e invidiata da tutti». Un invito allo strappo con cui si sfonda una porta già aperta: gli ultimi sondaggi sono tutti a favore della Brexit. Secondo la rilevazione effettuata da YouGov e pubblicata dal Times, il 46% dei britannici voterebbe per l'uscita dall'Ue al referendum del prossimo 23 giugno, contro il 39% che si esprimerebbe invece per la permanenza. Il sondaggio, effettuato fra le giornate di ieri e di domenica, si basa su interviste a 1.905 persone. Un altro sondaggio, svolto questa volta da Icm per il Guardian, dà i pro-Leave al 53% contro il 47% degli europeisti. E ancora, la rilevazione effettuata da Orb per il Daily Telegraph: il 49% dei britannici vuole uscire dall'Europa, contro il 48% che ci vuole rimanere.

Insomma: i sudditi di sua maestà la Regina fanno spallucce alle intimidazioni arrivate da più parti.

L'ultima è del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che riesce nell'impresa di contraddirsi in una sola frase: se il Regno Unito decide di uscire dall'Europa, «out è out. Ma comunque non è giusto minacciare gli elettori» prima del referendum.

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