Anche il Burkina Faso, come la Guinea e il Mali, è finito nella mani dei militari. Nel poverissimo Paese dell'Africa occidentale, schiacciato da quasi un decennio di brutalità jihadista, forze armate ribelli hanno destituito il presidente Roch Marc Christian Kaboré e dissolto il Parlamento. Accusando le autorità di aver fallito contro l'Isis e al Qaida, che hanno ucciso migliaia di persone e costretto un milione e mezzo a fuggire dalle proprie case. La crisi, scoppiata con episodi di ammutinamento in varie caserme e manifestazioni anti-governative in cui è stato dato alle fiamme il quartier generale del partito di Kaborè, è degenerata nello spazio di 24 ore con la notizia dell'arresto del presidente. Il capo dello Stato, insieme con il leader del Parlamento e alcuni ministri, sono stati condotti in una caserma della capitale Ouagadougou, hanno poi confermato diverse fonti di sicurezza, mentre nei pressi della residenza di Kaborè sono stati visti tre veicoli militari crivellati di proiettili e tracce di sangue. E decine di militari incappucciati si sono appostati davanti alla sede della tv pubblica. Nel caos è apparso un tweet del presidente che invitava «coloro che hanno imbracciato le armi a riporle».
Impossibile però sapere se l'avesse scritto di suo pugno, mentre il partito denunciava persino un «tentativo di ucciderlo». In serata i golpisti hanno fatto chiarezza, annunciato in tv di aver preso il potere e di aver chiuso le frontiere. Con la promessa di rito di un «ritorno all'ordine costituzionale in un tempo ragionevole».
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