La resistenza dei mercati finanziari è al momento la stessa della carta velina: nulla. Il rischio sempre più concreto di una pandemia di coronavirus, i profit warning che cominciano a intaccare le certezze delle imprese e le sirene sempre più insistenti sui pericoli di una recessione globale hanno infatti ieri mandato all'aria, come birilli, le Borse. In poche ore, il timido rialzare la testa di mercoledì è stato subito sostituto da un giovedì delle ceneri: sull'altare dei ribassi l'Europa ha sacrificato altri 318 miliardi di euro di capitalizzazione, allontanandosi di oltre il 10% dai massimi recenti ed entrando così in quello che in gergo borsistico viene chiamata correzione. Uno scivolamento collettivo che non risparmia Wall Street (-2,4% a un'ora dalla chiusura), dove il Dow Jones è passato dalla grancassa dei record alla tromba della ritirata in appena sei giorni, quanti ne sono bastati per lasciare per strada oltre 3mila punti. La velocità di inversione del trend è inquietante: solo alla vigilia della Grande depressione si era verificato un cambio di rotta tanto repentino.
Questo fuggi-fuggi generale genera una sorta di transumanza verso i beni rifugio (l'oro ha superato i 1.655 dollari l'oncia) e aumenta l'avversione al rischio. A farne le spese è l'Italia, dove lo spread Btp-Bund si è impennato dai 150 punti dell'altro ieri fino a quota 160, mentre Piazza Affari ha incassato un altro colpo basso sotto forma di una perdita del 2,66%. Pesa, sul versante finanziario, la fragilità dei conti pubblici e soprattutto l'incapacità di mettere sotto controllo il debito; e, su quello economico, la semi-paralisi delle attività produttive che colpisce un'area che vale il 30% sulla ricchezza nazionale.
Per Prometeia siamo in un vicolo cieco: una probabile contrazione dello 0,3% nel primo trimestre farà scivolare il Paese nella sua quarta recessione tecnica (due trimestri consecutivi di crescita negativa) dal 2009, «pur assumendo che si mettano in atto politiche di sostegno alle imprese e che la situazione si normalizzi entro metà marzo». A oggi, però, nessuno può garantire che tale scenario, sostanzialmente benevolo, si concretizzi. Se da un lato il governo tarda a varare serie misure d'emergenza, dall'altro occorrerà aspettare mesi prima che Bruxelles conceda al ministro Gualtieri margini di extradeficit. Un aiuto potrebbe arrivare dalla Bce, malgrado Christine Lagarde sia finora rimasta silente.
I mercati continuano a confidare in un taglio dei tassi da parte della Fed per aprile, ma il tempo corre e alle grandi corporation comincia a mancare l'ossigeno:
dopo Apple, anche Microsoft è stata costretta ad ammettere che non riuscirà a centrare le stime sul fatturato. E siamo solo all'inizio. Goldman Sachs fa la Cassandra: «Nel 2020 i profitti delle società Usa non cresceranno».
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