P ùm-pùm-pùm-pùm-pùm-pùm-pùm-pùm-pùm-pùm. Questo che sentite è il rumore un po' marinettiano che fa il prosecco. Vino del quale si producono (e stravendono) 300 milioni di bottiglie all'anno. Ciò vuol dire che ogni giorno se ne stappano oltre 821mila, che poi sono 34mila bollicina in più bollicina in meno all'ora, 570 al minuto e - ta-dà - 10 al secondo. Capite di cosa parliamo quando parliamo di Prosecco? Che poi si fra presto a dire Prosecco. Lo spumante veneto sinonimo in quasi tutto il mondo di bevanda da aperitivo allegro (anche se il legislatore dovrebbe prima o poi decidersi a occuparsi di chi pronuncia la fatidica frase: «Ci facciamo un prosecchino?») è una e tante cose insieme. Dei 300 milioni di bottiglie, la più parte (circa 230 milioni) appartiene alla doc Prosecco, che occupa quasi 20mila ettari in 9 province del Veneto e del Friuli. Gli altri 70 milioni appartengono alla più pregiata docg, suddivisa a sua volta nel Conegliano Valdobbiadene Superiore, nella piccola sottozona Colli Asolani e nel Cartizze, la collina che dà vita alle massime vette qualitative, anche se da lì esce fuori un milione di bottiglie all'anno. Tante o poche giudicate voi.
Una piramide qualitativa che schiarisce le idee agli addetti ai lavori ma non evita confusioni al pubblico per cui il Prosecco è Prosecco, che diamine!, e a che serve stare a scervellarsi quando si tratta in fin dei conti di bersi un calice in compagnia? Epperò questa faciloneria non piace alle grandi famiglie del Prosecco. A quelle che c'erano prima del boom e che ci saranno dopo (perché sì, finirà prima o poi la Proseccomania).
Insomma, istruzioni per sopravvivere a un successo. Ognuno ha la sua chiave. Gianluca Bisol, titolare dell'omonima azienda alla ventunesima generazione di vignaioli (capostipite fu Eliseo nel 1542), si tiene aggrappato proprio alla collina di Cartizze, «dove tutto è iniziato e dove il Prosecco raggiunge la sua espressione impareggiabile» e guarda con le altre famiglie che hanno inventato il Prosecco con preoccupazione e un po' di superiorità «la gente di pianura» per cui il Prosecco è solo sbigliettamento e il tintinnìo della cassa che si apre. Certo, ci vuole anche qualche idea. Come quella di portare gli enoappassionati in giro per il Veneto alla scoperta dei grandi bianchi in un tour sartoriale che può comprendere Venezia, dove Bisol produce sull'isola di Mazzorbo il Venissa dalla riscoperta uva Dorona, i Colli Euganei, Valdoibbiadene e Cortina d'Ampezzo, dove si lavora al vigneto più alto d'Europa, oltre 1.350 metri sul livello del mare.
Saranno invece le donne a salvare se non il mondo almeno il Prosecco secondo Elvira Bortolomiol, erede con le sorelle di quel Giuliano che nel dopoguerra trasformò un vinello locale servito in caraffe in un brand conosciuto in tutto il mondo. «Noi - spiega Elvira - siamo un'azienda tutta al femminile e siamo convinte che le donne si prendano maggiori responsabilità, siano custodi migliori del territorio, pensino più concretamente a un futuro migliore». Parole forse vuote che però si trasformano in fatti nella vocazione ecologica dell'azienda, nella sua ricerca sul biologico (viene già prodotto un Prosecco green), nel rigore delle regole affibbiate ai propri viticoltori. Chi crede che un vino sia buono anche per i valori che contiene troverà conferma nell'assaggio ad esempio del mitico Bandarossa, che compie quarant'anni.
Meno sognante e più pratico è invece Giustino Dall'Acqua, consocio ed enologo di Col Vetoraz, azienda che produce interamente vini Docg: «Dobbiamo prendere le distanze dal Prosecco generico puntando soltanto sull'identificazione territoriale. Una strada difficile, che dovremmo percorrere insieme ma che sono disposto anche a fare da solo». Dell'Acqua ha un case history che deve suonare di campanello d'allarme per i signori del Prosecco. Quello dell'Asti Spumante, che concluse la sua parabola di successo diventando «il vino del tirassegno, che ti regalavano quando buttavi giù tutte le palle».
Tra le sue proposte quella che nel consiglio del consorzio siedano solo rappresentanti di aziende che producano almeno il 51% nella Docg. «Altrimenti finiremo tutti strozzati come quelle aziende che firmano contratti per vendere le bottiglie a 1,80 euro e a loro sono costate 2,50».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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