Minacciano una battaglia giudiziaria otto regioni spagnole governate dal Partito popolare contro la legge di amnistia approvata ieri dal Congresso che condona i reati fiscali commessi dagli indipendentisti catalani. Una mossa che ha permesso al premier socialista Pedro Sanchez di ottenere la fiducia lo scorso 16 novembre e che apre la strada al ritorno in patria dell'ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont, latitante dal 2017. Per molti esponenti indipendentisti 5 anni fa era scattata la condanna per sedizione, dopo che avevano promosso il referendum per l'indipendenza della Catalogna e dopo che avevano proclamato unilateralalmente l'indipendenza da Madrid. La legge di amnistia è passata con 177 sì, frutto dell'intesa tra i socialisti dello Psoe, gli indipendentisti di Junts e la sinistra catalana di Erc. I no sono stati 172 da parte di PP, Vox, CC e UPN. Il premier Sanchez ha scritto su X che «in politica, come nella vita, il perdono è più potente del rancore». Secondo il presidente di Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), Oriol Junqueras, uno dei beneficiari della legge, l'amnistia «non è un punto fermo» dal momento che l'obiettivo finale è l'autodeterminazione della Catalogna, osservando che questa legge «darà tranquillità a centinaia e migliaia di famiglie che hanno subito la repressione» e che verrà contrastata da certa magistratura politicizzata. Subito dopo il voto si è dimessa dalla carica di deputata la socialista Zaida Cantera.
Se la legge sull'amnistia è così buona, ritiratela, ha detto in Aula il leader popolare Alberto Núñez Feijóo, che era giunto primo alle scorse elezioni politiche e propone di indire nuove consultazioni elettorali per sentire «cosa pensano tutti gli spagnoli di questa frode elettorale».
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