Cadono i nomi della società civile

Ormai sono trent'anni che i politici devono mascherarsi periodicamente per non incappare nelle ire di un elettorato sempre più insofferente al Palazzo e incattivito dai social

Cadono i nomi della società civile

Ormai sono trent'anni che i politici devono mascherarsi periodicamente per non incappare nelle ire di un elettorato sempre più insofferente al Palazzo e incattivito dai social. È dai tempi di Tangentopoli che le macchine elettorali dei partiti, soprattutto a livello amministrativo, sfornano candidature improntate più al marketing che alla competenza politica. Abbiamo visto passare ondate di professori, tecnici, industriali, extraparlamentari (nel senso di esterni), anche colorati diversamente per risultare più accattivanti (arancioni, verdi, gialli).

Come dicono gli anglosassoni, non puoi sapere se il pudding è buono fintanto che non lo assaggi. Per cui alla fine sono sempre i passaggi democratici alle urne a sancire se inizia una stagione politica o se si chiude un esperimento bocciato sul campo.

Manca ancora il turno di ballottaggio, ma la sensazione che si coglie all'apertura dei seggi di queste amministrative è la fine prematura del «civismo». Giusto provare con imprenditori, luminari ospedalieri e docenti, ma la risposta prevalente dei cittadini è stata quella di dare fiducia al sindaco uscente o al politico dello stesso schieramento che l'ha sostituito.

A Milano Beppe Sala, nato anch'egli come super manager pubblico e privato, ha fatto valere il suo nuovo status di politico ambizioso che ora si prepara a scalare il Pd. In Calabria, unica Regione al voto, ha trionfato un big di Forza Italia a livello nazionale, il capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto.

Dopo i fallimenti amministrativi delle sindache 5 Stelle a Roma e a Torino, a rigor di logica un giurista come Enrico Michetti e un imprenditore come Paolo Damilano (un nome vincente nel food&beverage) avrebbero dovuto trionfare al primo turno, grazie proprio ai voti di cittadini di centrosinistra desiderosi di lasciarsi alle spalle due consiliature disastrose. Ma è andata diversamente, con un ballottaggio che si annuncia in salita per entrambi per il clima di fronte popolare «anti destre» che si andrà a formare. Discorso chiuso a Napoli e Bologna, dove due esterni pur eccellenti come il pm Maresca e l'imprenditore Battistini non sono mai stati in corsa.

Persino Silvio Berlusconi, domenica mattina al seggio milanese davanti a casa di Fedele Confalonieri, ha espresso i suoi dubbi sulla scelta dei «civici» all'interno delle coalizione. Anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni vengono dati come pronti ad archiviare una metodologia di scelta che non ha sfondato.

Al prossimo giro tornerà utile il clima (almeno di facciata) di unità nazionale, che ha riportato i politici al centro dell'azione governativa, sebbene sotto la cappa provvisoria di un super tecnico e super esterno come Mario Draghi.

Andranno riscritti i progetti dei partiti, soprattutto del centrodestra, per puntare

alle amministrazioni locali. Torneremo a vedere parlamentari di prestigio o ex ministri a tornare a impegnarsi sul territorio. Magari stavolta accolti come risorse e non più come opportunisti a caccia dell'ultima poltrona.

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