C'era da aspettarselo. Dopo le punzecchiature di alcune cancellerie, ieri, un minuto dopo il giuramento di Giorgia Meloni, sono partite le strette di mano virtuali internazionali. Non semplici reazioni, consuete o dovute, ma riconoscimenti inaspettati «al» neo premier italiano. Dal saluto al primo presidente del Consiglio donna del Belpaese, del capo del governo olandese Mark Rutte (che due anni fa intimava all'Italia di imparare a «farcela da sola» e che oggi non vede l'ora di «rafforzare i forti legami tra i nostri Paesi e lavorare insieme dentro Nato e Ue»), alle congratulazioni di un «impaziente» presidente ucraino Volodymyr Zelensky, pronto a una «fruttuosa cooperazione per garantire pace e prosperità». La delegittimazione pre-voto è evaporata.
Tutti (o quasi) scoprono che Meloni non è Belzebù. «La aspetto al Consiglio europeo per il bene dell'Ue», twitta il presidente dell'organo «politico» dei 27, Charles Michel. E pure la N.1 della Commissione di Bruxelles, Ursula Von der Leyen, dopo una «buona telefonata» con Meloni, si dice «pronta a lavorare insieme». Parole di auguri, che avvertono Roma dell'urgenza di partire protagonista (e responsabile) sul piano internazionale. Rassicurazioni e qualche stoccata: come quella di Paolo Gentiloni, Commissario Ue all'Economia, che sprona Meloni ad «andare a tavoletta, a testa bassa, sul Pnrr, altrimenti non saremo benevoli». «L'Europa ha bisogno dell'Italia, supereremo ogni difficoltà», rassicura la presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola. Se l'Italia resta osservata speciale, la transizione rapida mette tutti d'accordo: dal presidente lituano Gitanas Nauseda al premier maltese Robert Abela, fino all'in bocca al lupo dell'esecutivo albanese di Edi Rama. Con un messaggio su Twitter il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, si congratula con la neo-premier per la nomina («Mi aspetto di continuare a collaborare strettamente con l'Italia nell'Ue, nella Nato e nel G7») e ringrazia il suo predecessore, Mario Draghi, per «il buon partenariato tra Germania e Italia degli ultimi anni». E se il settimanale tedesco Spiegel parla di «una postfascista al governo», si registra invece la capriola del quotidiano francese Le Monde che oggi racconta un esecutivo Meloni volto a rassicurare i partner. Tra cui, la Francia di Emmanuel Macron. Il primo incontro informale con un leader straniero dovrebbe essere proprio con l'inquilino dell'Eliseo, nelle prossime ore a Roma per vedere il Papa e Sergio Mattarella. Parigi, anche su «chiarimenti» del Quirinale, ha «studiato» il profilo di Meloni, la storia da self-made woman che travalica il ruolo di leader dei conservatori europei. «Non è come Marine». Con lei si può (e si deve) parlare. Questa la versione data a Macron da alcuni consiglieri. Un colpo di spugna sulle (già rettificate) dichiarazioni di una «vigilanza» francese «sul rispetto dei diritti umani e aborto in Italia». La musica è cambiata. Energia, Ue, difesa e sovranità. Macron archivia le sgrammaticature e il suo staff «tratta» per un caffè.
Il «fuori sacco» tra i due potrebbe seminare quella che in Europa è considerata la prossima intesa tra Paesi fondatori a tutela di interessi nazionali. Un asse Roma-Parigi per mettere all'angolo gli egoismi tedeschi. Fratelli d'Italia, in Europa, non sta infatti con i lepenisti. Prova ne è, una Marine Le Pen che gioisce con moderazione: «Estendo a Meloni, nuova presidente del Consiglio italiano, e a Matteo Salvini, vice, i miei auguri. Ovunque in Europa, i patrioti stanno salendo al potere». È invece il presidente ungherese Viktor Orbán a rivendicare il rapporto di vecchia data con «Giorgia» parlando di «grande giorno per la destra europea».
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