La caduta di una star. Da "Dottor Sottile" a pasticcione isolato dai colleghi

Nel pool era celebre per i sillogismi manettari. Ma tra le correnti delle toghe fa sempre flop

La caduta di una star. Da "Dottor Sottile" a pasticcione isolato dai colleghi

E se poi, passo per passo, con il dovuto rispetto, si facesse strada il sospetto che Piercamillo Davigo non fosse il più intelligente di quella squadra micidiale che fu il pool Mani Pulite? Se i fatti incresciosi di questi giorni, la tempesta perfetta che ha investito settori cruciali della magistratura italiana, costringessero a rivedere con occhio critico i quasi trent'anni di gloria mediatica di questo umleno* smilzo e facondo, portando alla conclusione che dietro l'innegabile agilità dialettica non si celi altrettanta profondità di pensiero? Perché un dato è certo: la mossa che fa Davigo accettando di ricevere brevi manu dal collega Paolo Storari i verbali del (forse) pentito Pietro Amara fa a botte con l'immagine finora scolpita nell'immaginario collettivo di un giurista saggio ed accorto. Magari alla fine Davigo se la caverà senza danni. Noie disciplinari non può più averne, perché il suo datore di lavoro non è più il ministro della Giustizia ma l'Inps, ufficio pensioni. Grattacapi penali la Procura di Roma ha già chiarito di non volergliene procurare, interrogandolo come semplice testimone sulla ricezione del papello dalle mani dell'incauto Storari. Ma viene da chiedersi come sia stata possibile tanta sciatteria formale - la copia di brutta consegnata a mano, per strada se non in un bar: e in questi casi la forma è sostanza - da parte di un magistrato davanti al quale un tempo, come dinnanzi al barone Scarpia, «tremava tutta Roma».

Così diventa inevitabile pensare agli anni di Mani Pulite. E rianalizzare bene il contributo che ciascuno dei membri del pool diede all'impresa. L'intelligenza fulminea di Di Pietro, la capacità di analisi di Colombo, la regia minuziosa di Borrelli, tutto chiaro. Ma Davigo? A guardare bene, il vero apporto è la produzione di un paio di sillogismi giudiziari che diventano l'arma finale del pool. Il primo cancella di fatto dal codice la figura della corruzione impropria, che renderebbe più difficile usare le manette; il secondo dà dignità giuridica alla prassi di tenere in galera gli indagati finché non cantano. Sono armi decisive, farina del sacco dell'umleno. Perché Davigo è un cinico che sa usare le parole, che sforna ragionamenti impeccabili, aforismi memorabili come quelli di Oscar Wilde. Ma dietro, cosa c'è?

L'appellativo di Dottor Sottile glielo rifila in una intervista dell'ottobre 1993 Goffredo Buccini, scippandolo al francescano Duns Scoto. E già quello a ben vedere non era un gran complimento, perché Scoto era uno che a forza di chiacchiere dimostrava per vera qualunque tesi. Il problema è che il Davigo di allora ripete le stesse tesi, le stesse rigidità e soprattutto le stesse battute per i trent'anni successivi, come se intorno a lui il mondo non cambiasse e dentro di lui le certezze non traballassero mai. E quando dal guscio prestigioso della procura di Milano prova a fare il salto in su, per Davigo arrivano le tristezze: quando si candida per l'Associazione nazionale magistrati nella corrente di destra (d'altronde l'estrazione quella è) di Magistratura Indipendente la prima volta entra per un soffio, la seconda nel 2003 viene segato, ultimo in classifica, nel 2015 lo bocciano anche per la presidenza della corrente. A quel punto si imbestia, fonda la sua corrente, Autonomia e Indipendenza, che spacca Mi, tirandosi dietro un po' di bravi colleghi, riesce persino a diventare presidente dell'Anm nonostante Raffaele Cantone, che oggi indaga su questo pasticcio come procuratore di Perugia, lo fulmini con un «era meglio come pm». Il guaio è che una dopo l'altra le toghe che Davigo ha portato con sé lo scaricano, lo cacciano dal Csm, la sua corrente si dissolve. Nel mare aperto della politica e delle correnti, Davigo scopre suo malgrado che l'agilità dialettica non basta a stare a galla. E si rifugia in un pensionamento malmostoso e un po' stizzoso, dal quale riemerge solo per le ospitate nei talk show a colpi di aforismi e battute.

Sempre le stesse.

*chiamasi umleno in dialetto lombardo l'abitante della Lomellina

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