C'è un pezzotto d'Italia che trema: la stretta sui decoder pirata di Agcom e governo fa tremare almeno cinque milioni di italiani che guardano il calcio a prezzi contenuti, alla faccia di Dazn e Sky. Secondo un'inchiesta del Mattino di qualche anno fa, dietro il business della commercializzazione illegale di un segnale Iptv ci sarebbero gli interessi della camorra.
In gergo si chiama camcording, in passato era limitato alle persone che entravano in un cinema per «rubare» il film e rivenderlo illegalmente. Con le partite vale la stessa dinamica, si manda in onda una ripresa di una partita comprata con un abbonamento regolarmente detenuto. Quella del «pezzotto» è una pratica talmente diffusa da meritare un posto nella Treccani come «diminutivo di pezzo», ovvero sinonimo di oggetto contraffatto, in una lingua un po' napoletana e un po' malavitosa.
Ma a tremare sono anche i vertici delle società telefoniche, chiamati in causa - se passasse il provvedimento che ha in mente il Parlamento, che sarà discusso domani in commissione al Senato prima del voto di fiducia in Aula - a pagare in solido (con la galera) se i pirati utilizzano la loro connessione. Un po' come se Autostrade fosse responsabile se un pirata della strada viaggia contromano. Ma andiamo con ordine.
In commissione Bilancio e Finanze al Senato si discute della conversione del decreto legge Omnibus del 9 agosto 2024 che (per legge) va convertito entro l'8 ottobre e che contiene la legge Antipirateria. I tempi sono stretti, Forza Italia e Fdi hanno presentato due emendamenti che da un lato inaspriscono le misure contro i gestori telefonici che non bloccano i contenuti illeciti, dall'altro prevedono la condanna (fino a un anno di reclusione) per chi non dovesse segnalare un «sospetto accesso abusivo a un sistema informatico» o una frode informatica. Se è vero che da un lato si intende tutelare sia le società televisive che acquistano a caro prezzo i diritti televisivi, sia le società calcistiche che ormai vivono soprattutto di questo genere di introiti, queste misure - cassate per l'eccessiva rigidità e poi rientrate grazie a una manina - rischia di creare una serie di squilibri, nell'ennesima guerra tra poveri. Dazn, Sky o chi per essa avrebbe il potere di imporre ai gestori di Tlc di bloccare un segnale, di contro le società telefoniche dovrebbero sostenere dei costi spropositati per scatenare le cosiddette «sonde» a caccia di pirati. Il prezzo ricadrebbe naturalmente sul consumatore finale, con il rischio di spingerlo ancor di più verso la pirateria.
La questione del diritto d'autore e la tempistica prevista sul blocco tempestivo del segnale «sospetto» meritano altre due riflessioni. Oggi per oscurare un sito in seguito a una segnalazione occorrono giorni, serve un contraddittorio con il proprietario del sito e bisogna chiedere ai fornitori della connessione web di inibirne l'accesso. Non ci vuole un'aquila per capire che la segnalazione di illecito informatico è una cosa seria, il concetto di «sospetto» illecito apre un ventaglio di opzioni e di ambiguità pericoloso, anche se di fronte c'è un guadagno illecito, che probabilmente finisce nelle casse della criminalità organizzata, a scapito delle società.
C'è già una norma che affida all'Agcom strumenti (e risorse) molto importanti. La sua piattaforma è già in grado di bloccare il segnale del pezzotto entro i primi 30 minuti della partita.
Per il commissario Agcom Massimiliano Capitanio «pagare un abbonamento illegale è come rubare in un supermercato, si danneggiano i club per cui si tifa, si sottraggono 1,7 miliardi di Pil e si mettono a rischio 10mila posti di lavoro». Che motivo c'è per invocare il carcere per gli amministratori delegati delle società tlc? Ci fosse un arbitro, fischierebbe il fuorigioco.
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