Calenda prigioniero dei suoi tweet. Spara su tutti ma se lo attaccano perde la lingua

Voleva il confronto col Cav. Ma non si è fatto intervistare da Minzolini. Diffonde sondaggi ottimistici, ma sui social i suoi già lo scaricano

Calenda prigioniero dei suoi tweet. Spara su tutti ma se lo attaccano perde la lingua

«La tattica politica è un'arte, non si improvvisa su Twitter». Matteo Renzi silura così il ruolo da «disturbatore social» dell'ex amico Carlo Calenda, che spara su amici e nemici cinguettio dopo cinguettio. È entrato su Twitter otto anni fa, il leader di Azione, e pur avendo solo 360mila follower, twitta molto più di Renzi che, per dire, ne ha dieci volte di più. Alleanze, retroscena, programmi elettorali, frecciate agli alleati e agli avversari, sondaggi, commenti su ogni campo dello scibile umano, rivelazioni sulle presunte identità di account anonimi, come ha fatto due giorni fa attribuendo all'ex portavoce di Renzi Filippo Sensi la titolarità di Yoda, utente molto seguito tra i politici nostrani. E soprattutto liti ad alta frequenza di botta e risposta, vista l'alta tensione intorno alle grandi manovre per la coalizione di centrosinistra: «Della sorte di Di Maio, D'Incà, Di Stefano e compagnia non ce ne importa nulla», sibila. «Mi pare del tutto evidente che c'è una scelta netta da fare per il Pd che ha siglato un patto chiaro con noi che dice l'opposto. A queste condizioni per quanto ci concerne non c'è spazio per loro nella coalizione», dice a Letta riferendosi alle manovre con Fratoianni e il suo programma «rosso». E a Franceschini che implora «fermatevi» replica: «Dario, il terzismo alla volemose bene con noi non funziona».

Ritrova il silenzio, come capita ai «leoni da tastiera», solo se è all'angolo. Per esempio, a margine delle schermaglie con Silvio Berlusconi, nel cui elettorato vuol pescare per mandato del Pd, Calenda aveva sfidato il Cav a un «confronto televisivo», anche «moderato da Minzolini». Ma proprio ieri il direttore del Giornale ha rivelato il passo indietro del leader di Azione. «Vengo a sapere or ora che Calenda si rifiuta di essere intervistato da me alla Versiliana. Mi viene da ridere. Ma come diceva don Abbondio: Certo il coraggio se uno non ce l'ha mica se lo può dare...», racconta Minzolini, ripostando poi il tweet calendiano di due giorni prima e commentando: «Come si dice a Roma non gli regge la pompa». E Calenda, stavolta, salta il giro e lascia senza risposta i tweet del direttore del Giornale, preferendo come al solito twittare sull'accordo Pd-Fratoianni o stuzzicare ancora Berlusconi sulla flat tax, omettendo qualsiasi riferimento alla retromarcia dalla Versiliana.

È anche vero che Calenda in versione cyberpistolero ha altre gatte da pelare. L'estensione a sinistra della coalizione fa storcere il naso a molti dei suoi. E quando ieri pomeriggio il leader di Azione ritwitta un articolo sul programma di Si favorevole al reddito di cittadinanza commentando «Almeno loro sono chiari», un iscritto al suo partito ringhia: «Vai che la premessa è fatta, ci hai preparato all'ennesimo voltafaccia... adesso comunicaci l'esito del sì alla #superAlleanza nella speranza che qualche elettore resti con te. Io cancellerò la tessera». E se gli elettori non sembrano troppo entusiasti nonostante Calenda snoccioli sondaggi ottimistici, la sua attitudine alle beghe social non incassa solidarietà nemmeno tra i suoi «alleati», se così si possono chiamare, di centrosinistra. Venerdì era stato Di Maio a dirsi sorpreso che il moderato Calenda «nei suoi tweet sia diventato il più estremista di tutti», concludendo drastico: «Con questo atteggiamento sta solo disgregando la coalizione di centrosinistra prima ancora che si formi». Anche più netto il giudizio di Antonio Mazzeo, esponente Pd e presidente del Consiglio regionale della Toscana che bolla come «davvero insopportabile e incomprensibile» il «continuo battibecco via social a colpi di tweet tra Calenda e Fratoianni», intimando «ora basta!». Ma Calenda continua a sparare. Chiedendo lumi a Letta sulla proposta di Si di allargare a M5s.

E rivendicando il «suo» patto col Pd: «Si perde se si aggiunge un patto contraddittorio rispetto al primo con gente che ha sfiduciato Draghi. Li eravamo, li siamo rimasti», ringhia. La soluzione? Ce l'ha Matteo Orfini: «Un hacker che manda in down Twitter per tre giorni lo abbiamo? Così magari riusciamo a completare la coalizione senza drammi».

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