Carlo Calenda sogna di diventare il «nuovo De Gaulle» della politica italiana. Ma rischia di assomigliare al suo mentore politico, Mario Monti, che abbandonò velocemente la breve parentesi da leader al timone del defunto Terzo Polo. Dalle pagine del Corriere della Sera - l'ex ministro «rottama» l'esperienza politica di Azione (che i sondaggi danno sotto il 4% alle prossime Europee) e annuncia un nuovo partito: «Quello che serve è un grande Fronte Repubblicano che si ispiri ai valori della Costituzione. Valori che, come ha ricordato Mattarella, sono frutto di compromessi tra culture politiche molto diverse». Si cambia. «A inizio ottobre - avverte Calenda lanceremo - un processo costituente, per riunire riformisti, liberali e popolari. Inviteremo anche le persone di Italia viva che si sono spese con passione per il Terzo polo. A partire da Elena Bonetti con cui abbiamo lavorato benissimo». È la mossa del cavallo, con cui il senatore del Terzo Polo prova a prendere in contropiede il suo alleato (ormai ex) Matteo Renzi che il 9 settembre terrà il congresso di Italia Viva. A restare spiazzati dall'annuncio (a sorpresa) di Calenda sono però quelli di Azione che ancora speravano in una riconciliazione con Italia Viva: «Sarà un altro bluff e alla manifestazione che vuole organizzare entro metà ottobre si autoproclamerà leader dell'unico nuovo vero partito di centro dicendo di non essere il centro ma il partito della politica concreta, per il nucleare, i soldi da spendere per la scuola e la sanità. Un film già visto e al massimo i nuovi saranno un po' di vecchi liberali da 0,001%. Nemmeno la Bonetti aderirà ad Azione» - si sfoga col Giornale un dirigente di primo piano di Azione. In effetti, non si sa con chi Calenda vuole costruire il Fronte Repubblicano. Più Europa? Emma Bonino non ne vuole sapere di Calenda. Italia Viva? Baste leggere il commento a caldo di Davide Faraone: «Sarei curioso di capire per quale ragione Calenda ritenga il suo comportamento onorevole e quello mio o dei miei amici, uguale, identico al suo, deplorevole. La verità è che Calenda è più costretto che convinto garantista e nell'azione politica ama lavorare sempre nei retrobottega, impregnato da una perversa cultura del sospetto. Si accanisce e costruisce teoremi diffamatori contro Renzi e la comunità di Italia Viva, colpevoli soltanto di avere idee diverse dalle sue. Ho la precisa sensazione che senta il bisogno di accreditarsi tra chi ha costruito le fortune politiche e giornalistiche ispirato dal principio del sospetto come anticamera della verità». A chiudere le porte al Fronte Repubblicano c'è anche Cateno De Luca, il vulcanico sindaco di Taormina e leader del movimento Sud chiama Nord: «La differenza tra me e Calenda? Io ho i calli nelle mani, lui li ha da un'altra parte per le tante poltrone che ha avuto in regalo soprattutto da Renzi: prima ambasciatore, poi ministro e per ultimo il seggio in Parlamento. È un culurinisciutu con la sindrome del più bello del reame. Ha sbarellato perché ho continuato a dire no all'accordo con lui per uccidere Renzi. Curati e smettila di attribuire patenti agli altri!» - attacca De Luca.
L'ex ministro Mariastella Gelmini non fa salti di gioia ma appoggia l'operazione di Calenda: «Carlo ha espresso in modo molto chiaro il percorso e la responsabilità di Azione: unire diverse culture politiche (riformismo ricetta liberale popolarismo ) per costruire un partito non acchiappa like ma capace di dare risposte durature all'Italia e soprattutto capace di farla crescere» - dice Gelmini al Giornale. I moderati del Pd non vogliono vedere Calenda manco dal binocolo. E dunque il Fronte Repubblicano assomiglia già al figlio piccolo della coppia Schlein-Conte.
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