Carlo Calenda si candida al ruolo di federatore delle «larghe intese». Dal primo congresso di Azione, che lo acclama segretario nazionale, l'ex ministro dello Sviluppo economico delimita il perimetro del suo campo di gioco: Pd sul lato sinistro, Lega e Fi sul lato destro del campo. Fuori Meloni e Conte.
Calenda non vuole essere l'ispiratore del partito di Draghi. Ma il kingmaker di un «terzo polo del riformismo sociale». «Voglio governare con Letta o la parte liberale di Forza Italia - ribadisce il segretario di Azione intervistato da Lucia Annunziata - ma dico loro: sganciatevi da sovranisti e populisti. Cosa c'entro io con loro? Serve una cultura di governo». E poi ancora «all'amico Letta, a Fi io dico noi siamo qui ma siete voi che state facendo una sceneggiata, ci verrete tutti in questo campo, noi parleremo sempre con i partiti caratterizzati da europeismo e democrazia liberale, ma non facciamo la sceneggiata di picchiarsi prima delle elezioni e baciarsi dopo».
Calenda ipotizza una nuova legislatura di larghe intese: «Chiedo a chi fa parte di questo governo di far cadere le velleità sovraniste e populiste e assumersi la responsabilità di dire agli elettori che dobbiamo continuare a fare un altro governo di larga coalizione altrimenti il Paese diventa ingovernabile». Al Pd e alla Lega chiede di non essere «prigionieri di Grillo e Meloni, altrimenti imploderete e il Paese sarà ingovernabile».
Calenda avverte Giuseppe Conte: «Se il Movimento rimane M5S che fa proposte e non è quello che dice no a tutto o dà bonus, allora sì, altrimenti come facciamo ad avere Grillo come interlocutore?»
Al premier Draghi lancia un suggerimento: «La sfida non è fare scelte popolari, ma far diventare popolari scelte giuste». Nella sua prima da segretario Calenda non risparmia una frecciatina al segretario Pd Enrico Letta: «Il Pd grida al pericolo fascista e poi Letta fa le iniziative con Meloni. Non so a quante iniziative con Meloni sia andato Letta, facendo battute tipo Sandra e Raimondo. Lo sapevamo tutti che dentro Fdi ci stavano i fascisti. Anche perché se non stavano là, dove stavano?». Parole che provocano irritazione al Nazareno. Mentre dal fronte Fdi fanno sapere di «non essere per nulla interessati al congresso di Azione», ricordando «come Calenda abbia chiesto in passato ai vertici di Fdi, in occasione delle comunali a Roma, l'appoggio elettorale per la sua corsa al Campidoglio». Al netto delle scaramucce tattiche per far salire la tensione, Calenda fissa l'obiettivo elettorale di Azione: «Io pazzo perché ho detto che porterò al 20% Azione? Portare il partito a questa cifra è la stessa promessa che ho fatto a Roma e come è andata? Ci siamo riusciti. La promessa è portarlo al 20%, poi non so quanto ci vorrà».
Precisa che sarà un partito contendibile: «In questo movimento politico, non tutti la pensano allo stesso modo. C'è chi viene dalla cultura liberale più dura, i socialisti liberali come sono io, e i cattolici. Tutte queste culture devono contendersi la leadership. Non ho nulla in contrario, anzi vi invito a organizzare delle correnti.
Questa è casa vostra, contendetevi la leadership». E infine annuncia il tour: «Una marcia che diventa combattimento per ogni singolo voto e singola tessera conquistata in giro per l'Italia, palmo a palmo come ho fatto con Roma».
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