L'audizione parlamentare di ieri del ministro del Tesoro Daniele Franco ha dato l'impressione che il piano per ricevere i fondi europei debba essere sostanzialmente riscritto. Sì, c'è continuità con il lavoro del precedente governo, ma è la cornice. Quello che ci sta dentro, invece, va fatto nei prossimi due mesi. Un po' come sta avvenendo con i vaccini: la nomina del generale Francesco Paolo Figliuolo al posto di Domenico Arcuri ha segnato non solo il punto di rottura con uno dei personaggi chiave, oltre che il più discusso, del governo Conte bis, ma soprattutto ha permesso la rifondazione dell'intera campagna vaccinale a livello nazionale.
Vaccini e Next Generation Eu: i due temi da cui dipende il futuro del Paese, vale a dire il benessere degli italiani negli anni che verranno dopo la pandemia, erano e sono le priorità del nuovo governo, la sua ragion d'essere. E tutti coloro che sospettano ancora adesso che la staffetta Conte-Draghi sia stata una manovra esclusivamente politica, hanno ora la possibilità di toccare con mano la sostanza di una chiara e positiva discontinuità.
Da vaccini e Recovery è partito Draghi perché queste sono le priorità. La prima è l'unica strada per porre fine al singhiozzo delle varie gradazioni dei lockdown il prima possibile, possibilmente con l'estate. La seconda, il cosiddetto Recovery, è l'opportunità unica e irripetibile per la nostra economia, che viene prima delle pur fondamentali altre urgenze. Rappresentate dal filone aziendale-bancario (Alitalia, Autostrade, Ilva, Mps), da quello delle grandi riforme socio-economiche (fisco, welfare) e da quelle istituzionali (giusitizia). Franco ieri lo ha detto in chiaro, quando ha confermato che la riforma fiscale è una priorità, ma che non si può fare adesso. Serve una scaletta che tenga conto della realtà. Ed è la stessa scaletta - si è capito ancora dalle parole del ministro dell'Economia - che mancava nel Piano italiano di ripresa e resilienza (Pnrr) di Conte e che ora va scritta ripartendo dal «via». Senza «una governance robusta e articolata» basata su «un modello organizzativo» non si può pensare di ottenere 191,5 miliardi, di cui 69 come trasferimenti europei a fondo perduto. Senza un cronoprogramma per la loro spesa futura, c'è il rischio di non riuscire a spenderli in tempo - come è regolarmente accaduto in passato con i fondi comunitari - e quindi di ottenerne solo una parte. Il che avrebbe un significato disastroso: il Recovery serve da moltiplicatore del Pil di qui ai prossimi dieci anni. Il fallimento nella sua applicazione alla crescita equivarrebbe a restare esclusi dallo scenario competitivo internazionale e schiacciati per sempre dal debito pubblico.
Sul terreno vaccinale il metodo è lo stesso: così come il Pnnr va riscritto, anche il piano delle vaccinazioni è cambiato alle fondamenta. La nomina di un generale dell'esercito al posto del mediatico Arcuri ha prodotto, nel giro di pochi giorni, la svolta di un regia nazionale che si è sovrapposta alle iniziative locali. E non solo come indirizzo, ma mettendo concretamente a disposizione, tramite l'esercito, le strutture, la dove serviranno. Dopodiché servono le dosi, senza le quali è tutto inutile. Ma anche in questo caso abbiamo assistito a una mossa importante, quella con cui Draghi ha fermato le esportazioni di AstraZeneca in Australia. Una scossa che non poteva essere risolutiva rispetto alla mancanza di dosi. Ma che è senz'altro decisiva per invertire una certa tendenza e dare un segnale chiaro ai produttori. Non a caso confermata, proprio ieri, dalla presidente della Commissione Ue, Ursula vo der Leyen, in persona.
E l'impressione è che la personalità e l'autorevolezza di Draghi abbiano giocato un ruolo fondamentale, difficilmente replicabile dal precedente esecutivo.Vaccini e Recovery. Da questo serviva ripartire con un passo diverso. Con quella discontinuità che comincia a farsi notare.
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