Caos procure, Palamara a processo per corruzione

Il processo si aprirà il prossimo 15 novembre. Ma l'ex consigliere del Csm è sicuro: "L'udienza pubblica servirà a far emergere la verità e la mia innocenza"

Caos procure, Palamara a processo per corruzione

È arrivata la decisione del gup di Perugia Piercarlo Frabotta: Luca Palamara è stato rinviato a giudizio per quanto riguarda il filone principale dell'inchiesta per corruzione. Il processo si aprirà il prossimo 15 novembre, davanti al primo collegio del tribunale di Perugia. Il giudice dell'udienza preliminare è stato chiamato a esprimersi anche sulla richiesta di processo per concorso nel reato di corruzione per l'esercizio della funzione per Adele Attisani, rinviata a giudizio. Accolta la richiesta di patteggiamento a un anno a sei mesi per l'imprenditore Fabrizio Centofanti, che a giugno ha reso dichiarazioni spontanee ai magistrati della procura di Perugia. Assolto in rito abbreviato Riccardo Fuzio: l'ex procuratore generale della Cassazione era accusato di concorso in rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio. Fuzio è stato assolto con la formula piena, "il fatto non sussiste", per uno dei due episodi contestati; per l'altro è stato invece assolto "per tenuità del fatto".

I pm Gemma Miliani e Mario Formisano della procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, dopo le dichiarazioni rese ai magistrati da Centofanti avevano modificato il capo di imputazione contestando - tra le accuse - la corruzione in concorso per l'esercizio delle funzioni e non più la corruzione in atti giudiziari. Per Raffaele Cantone, procuratore capo di Perugia, il provvedimento "conferma il buon lavoro della Procura e la correttezza delle scelte fatte anche con la modifica del capo di imputazione avvenuta durante l'udienza preliminare". "Siamo consapevoli che questo è un primo vaglio ma certamente si tratta di una valutazione particolarmente importante", ha riferito Cantone all'Adnkronos.

Il capo di imputazione

Nel capo di imputazione si legge che Palamara - prima come sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Roma ed esponente di spicco dell'Associazione nazionale magistrati e poi come componente del Consiglio superiore della magistratura e magistrato fuori ruolo - avrebbe ricevuto da Centofanti "le utilità per l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri". Nella contestazione si elencano diversi soggiorni di cui avrebbe usufruito l'ex consigliere del Csm, tra cui quello a Madonna di Campiglio, il viaggio a Madrid con il figlio, la vacanza a Favignana, a Dubai, oltre ai lavori eseguiti a casa della sua amica Adele Attisani.

Le reazioni

Immediata la reazione di Palamara: il pm romano si dice certo che "l'udienza pubblica servirà a far emergere la verità e la mia innocenza", visto che l'udienza preliminare "è un passaggio stretto e obbligato". Anche perché ritiene che le prove documentali dei pagamenti effettuati "sono insuperabili". "Continuerò sempre a battermi per una giustizia giusta", ha assicurato l'ex presidente dell'Anm. L'avvocato Benedetto Buratti, che insieme a Roberto Rampioni e Mariano Buratti difende l'ex consigliere del Csm, ha dichiarato: "Non temiamo affatto l'approfondimento dibattimentale e siamo certi che in quella sede si potranno chiarire a 360 gradi tutti gli aspetti di questa vicenda ed emergerà pienamente l'innocenza del nostro assistito".

Per l'avvocato Cesare Placanica, difensore di Adele Attisani, si tratta di un rinvio a giudizio "che senza i limiti di valutazione dell'udienza preliminare non ci sarebbe stato". Pertanto non crede "che il dibattimento possa mai portare a una sentenza di condanna".

La bufera sulle procure

Tra i vari colpi di scena ha rappresentato una tappa importante quella del 19 settembre 2020, giorno in cui Palamara è stato definitivamente espulso dall'Associazione nazionale magistrati per "gravi violazioni del codice etico". Il pm romano aveva poi osservato che "qualcuno ha rimosso i ricordi di cene e incontri con i politici", indicando "responsabilità politiche per aver accettato le regole del gioco". E aveva aggiunto di non aver agito in autonomia: "Sarebbe facile pensarlo.

All'inizio ero animato dal sacro fuoco del cambiamento, perché ovviamente anche io mi rendevo conto che era un meccanismo infernale, dal quale però mi sono lasciato inghiottire. Ma ciò non per sete di potere". Il 9 ottobre la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha deciso di radiarlo dall'ordine giudiziario, condannando così l'ex presidente dell'Anm alla massima sanzione prevista.

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