Quel 'capriccio' della sinistra che rende l'Italia meno sicura

Colpo di spugna della maggioranza giallorossa che ha cancellato i decreti voluti da Salvini sull'immigrazione. Ecco come si è arrivati alle nuove norme

Quel 'capriccio' della sinistra che rende l'Italia meno sicura

Un taglio netto col recente passato attraverso dei nuovi decreti sicurezza che nulla hanno a che vedere con quelli voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini nel precedente governo gialloverde. Così il governo Conte II ha avviato un nuovo capitolo sulla gestione del “sistema migranti” rispecchiando la volontà del Pd che, sin dal momento dell’insediamento, ha puntato sulla volontà di cancellare l’operato di Salvini. Accoglienza ad ampio raggio, protezione umanitaria, divieto di respingimenti con la cancellazione delle sanzioni per le Ong: è questo il fulcro delle nuove norme proposte dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e approvate in meno di un’ora e mezza dal consiglio dei ministri. Il colpo di spugna dato ai “vecchi” decreti sicurezza non poteva di certo essere ben accolto da colui che n’è stato l’artefice: “Questi passano il tempo a smontare invece che a costruire”, ha detto Matteo Salvini proseguendo: “A quello che ho letto, li chiamerei ‘decreti clandestini’. Si torna esattamente alla mangiatoia sull’immigrazione clandestina e ai permessi regalati a chiunque cammina per strada e agli sbarchi a migliaia. Non so che cosa abbiano da festeggiare”.

Il contesto politico in cui sono maturati i due decreti voluti da Salvini

Il leader della Lega, una volta insediatosi al Viminale nel giugno 2018 dopo l'accordo di governo con il M5S, ha voluto subito imprimere il proprio orientamento sulla gestione dell'immigrazione. È in questo contesto che la maggioranza gialloverde ha approvato il primo decreto sicurezza il 5 ottobre 2018. La nuova norma ha abbracciato anche altri ambiti oltre quello relativo all'immigrazione, tuttavia i punti divenuti oggetto di intenso e aspro dibattito tra le varie forze politiche riguardavano la gestione dell'accoglienza.

Stesso scenario che si è poi ripetuto alcuni mesi più tardi, quando nel giugno del 2019 il consiglio dei ministri ha dato il via libera al “decreto sicurezza bis”, la cui approvazione definitiva è avvenuta il 5 agosto 2019. Dunque nel pieno del braccio di ferro tra il Viminale guidato da Salvini e le Ong, con queste ultime che in più occasioni hanno sfidato i divieti previsti dai decreti sicurezza. Non a caso, tra i detrattori del decreto sicurezza vi era anche Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 che a Lampedusa nel giugno 2019 ha speronato a Lampedusa una motovedetta della Guardia di Finanza: “L'Italia ha approvato legge contro il diritto internazionale – ha dichiarato al parlamento europeo il 3 ottobre Rackete – Credo che sia stato delineato che le operazioni di ricerca e soccorso rientrano nel diritto internazionale. Non so come l’Italia abbia approvato una legge che non rispetta il diritto internazionale e del mare”.

In occasione dell’approvazione del secondo decreto sicurezza, dal Quirinale sono arrivati alcuni rilievi riguardanti soprattutto presunte difformità con l’articolo 10 della Costituzione.

Com’è cambiato il decreto sicurezza

Con un colpo di spugna è stato riscritto praticamente un nuovo decreto sicurezza che non ha legami con quello precedente. Andiamo con ordine partendo dal trattamento malleabile nei confronti delle Ong. Se nei decreti di Salvini le multe nei confronti di queste organizzazioni potevano arrivare anche ad un milione di Euro, adesso il tetto massimo è di 50.000 Euro. La multa non verrà applicata in caso di notifica di azione di salvataggio da parte delle Ong. Cambia anche il sistema dei Siproimi: se prima qui si ospitavano solo le persone che avevano ottenuto il diritto di asilo, adesso in questi istituti potranno ritornare anche i richiedenti tale diritto. Per loro è prevista anche la possibilità di iscriversi all'ufficio anagrafe.

Nei nuovi decreti si ripristina l’istituto di protezione umanitaria che nei decreti di Salvini era stata sostituita dalla protezione speciale. Si parla ancora di protezione speciale ma sono state ampliate le casistiche per le quali verrà concesso il diritto sulla stregua della protezione umanitaria appunto. Nessun diniego alla richiesta dei migranti che dichiarano di rischiare la tortura nel loro Paese, per cui è presumibile che arrivino richieste di massa. Altra novità è legata alla possibilità per il tribunale dei minori di autorizzare l'arrivo in Italia del genitore di un minore non accompagnato “per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore”. Ed ancora, non si potranno espellere migranti se l'azione “determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare”. Non mancano le novità per quanto concerne i centri di rimpatrio. Qui i migranti potranno essere trattenuti per un massimo di 90 giorni, a fronte dei 180 precedenti, estensibili di altri 30 se si attende la risposta di uno Stato che ha stipulato con l'Italia un accordo di riammissione.

nave con migranti

Uno sgarbo a Salvini

Quando nel settembre del 2019 si è insediato il nuovo governo Conte, subito all'interno della nuova maggioranza giallorossa è emersa la spinta per cancellare i decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini. A premere maggiormente è stato il Pd: soprattutto dall'area più a sinistra del partito, si è iniziato a parlare di “discontinuità” sulle politiche migratorie, con il chiaro intento di ridimensionare la portata delle norme a firma del segretario della Lega. Una volontà quindi ben precisa: tagliare e tranciare di netto quei documenti che nei 18 mesi di governo con Lega e M5S hanno rappresentato il principale atto dell'ex titolare del Viminale. Un vero e proprio sgarbo personale rivolto a Salvini, inquadrabile nel contesto stesso della nascita del Conte II, la cui maggioranza giallorossa ha avuto nell'anti salvinismo uno dei pochi collanti.

Se lo sgarbo si è potuto materializzare soltanto dodici mesi dopo l'insediamento del governo formato da Pd e M5S, è stato per via di diverse contingenze. A cominciare dai malumori grillini, i quali non gradivano una repentina discontinuità con i decreti sicurezza per non smentire sé stessi nel giro di poche settimane. Nell'agosto del 2019 era stato il M5S a votare positivamente con la Lega per l'approvazione dei decreti. A marzo invece è stato il coronavirus a rallentare i propositi del centro – sinistra. Superata la fase acuta della pandemia, alla prima occasione utile di ottobre il taglio di penna sulle norme di Salvini è diventato realtà. Lo sgarbo quindi è stato attuato e dal Pd si è iniziato a festeggiare.

Senato

Perché proprio adesso le modifiche ai decreti?

Cambiare adesso le norme volute da Salvini avrà delle conseguenze sui flussi migratori? La domanda, al termine di un'estate che ha segnato numeri che sull'immigrazione non si vedevano da almeno due anni, sorge spontanea. Secondo Vittorio Emanuele Parsi, politologo e docente dell'Università Cattolica, per la verità le nuove norme non avranno un grande impatto sui flussi: “Non è certo con le grida manzoniane che si ferma l'immigrazione – ha dichiarato il professore a IlGiornale.it – Vecchi e nuovi decreti potrebbero avere un impatto limitato sui numeri”. Questo perché in realtà gli elementi determinanti per gli sbarchi sono da rintracciare altrove: “I decreti valgono per la gestione interna dell'immigrazione – ha continuato Parsi – Ma l'Italia per poter frenare il flusso migratorio deve agire su altri fronti, ad esempio cercando accordi con altri Paesi, in primis quelli dirimpettai, per fermare le partenze”.

“Il punto – ha poi proseguito il docente della Cattolica – è che da un lato c'è la necessità di chi scappa e vuole raggiungere l'Europa, dall'altro c'è la necessità del controllo dei confini di chi riceve il flusso migratorio. Per governare questi fenomeni i decreti possono fare ben poco. Serve invece un approccio europeo, una condivisione dei problemi a livello comunitario”. A parte i rilievi su alcuni punti mossi dal Quirinale, per il resto non sono emersi elementi tali da giustificare fretta nell'approvazione dei nuovi decreti.

Al contrario, forse occorreva concentrarsi più sugli accordi con i Paesi da cui si originano i flussi o sui dossier inerenti il nord Africa, a partire da quello libico. E allora a emergere è un'altra domanda: qual era la necessità di accelerare proprio in questa fase politica sulle modifiche ai decreti?

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