Contrordine. Anzi testacoda al Fatto Quotidiano. Giuseppe Conte getta acqua sul fuoco, accantona l'ipotesi di un nuovo lockdown, abbraccia una linea più moderata e il quotidiano di Travaglio batte i tacchi e manda alle ortiche mesi di allarmismo e di chiusurismo spinto. Ma tutto fa brodo pur di puntellare il governo giallorosso. Il Covid c'è, dilaga, corre, è cattivo e fa male ma non è come quello di marzo. Dopo settimane di sirene spiegate e titoli ansiogeni del genere «Milano brucia» (giovedì 15 ottobre) il Fatto imbocca una strada completamente opposta. Infatti ieri sulla prima pagina del quotidiano spadroneggiava un grafico che metteva in relazione i dati di sabato con quelli del 27 marzo, cioè quando eravamo nel cuore della prima orribile ondata della pandemia. Solo qualche numero: a marzo le vittime erano 969 contro le 47 di due giorni fa e la percentuale di contagiati rispetto ai tamponi del 18,05 per cento contro il 6,58 di sabato scorso. Insomma: la situazione è grave, ma dobbiamo tenere i nervi saldi. Infatti il titolone del grafico è chiarissimo: «Basta panico, dati seri ma non come a marzo». Ottimo, giusto, sottoscriviamo anche le virgole, benvenuti. Certo è un po' come se il capo dei piromani, di colpo, si convertisse e bussasse alla caserma dei pompieri. Ma è comunque un'ottima notizia. Noi del Giornale, lo scorso 10 ottobre, abbiamo pubblicato in prima pagina un grafico identico a quello del Fatto. Ma non vantiamo alcuna primogenitura, fare chiarezza è interesse di tutti, specialmente in un momento così delicato e rischioso.
Prendiamo atto che adesso il foglio di Travaglio, dopo aver creato per mesi un clima adatto a una nuova stretta di Giuseppe Conte, con disinvoltura cambia idea e modera i toni. Ma solo a livello nazionale. Perché è ovvio che se la pandemia è sotto controllo in Italia è merito del premier, se va tutto a rotoli la responsabilità è senza dubbio dei governatori regionali. Specialmente se sono di centrodestra. Che poi «non siamo come a marzo» è esattamente quello che dicono da settimane infettivologi come Matteo Bassetti, finito due giorni fa sulla copertina del sopraccitato giornale, sputtanato come un «minimizzatore che ha disinformato tutta l'estate». Per fortuna ci sono i numeri a fare chiarezza su questo inferno di Covid.
Fino al prossimo dpcm del premier che, con ogni evidenza, oltre alle linee guida dispensa anche linee editoriali. Perché non ci sono Galli, Crisanti, Zangrillo o Pregliasco che tengano, abbiamo capito che per una certa stampa c'è un solo virologo di riferimento: l'avvocato Giuseppe Conte.
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