
Le carceri colabrodo diventano un caso politico, con la sinistra che chiede le dimissioni del Guardasigilli Carlo Nordio, anziché recitare il mea culpa per il graduale smantellamento della sicurezza e al combinato disposto di discutibili scelte politiche, sentenze della Corte europea e della Consulta, tagli al personale e visioni ideologiche. L'inchiesta di Torino con oltre 100 persone accusate di spacciare nei penitenziari grazie a droga e telefonini arrivati tramite detenuti in permesso premio replica ciò che è avvenuto qualche giorno fa a Palermo, senza il coinvolgimento di alcun agente, a riprova che il sistema ha gli anticorpi.
Il sistema di autogestione finalizzato al recupero sociale ha fallito e ha penalizzato in primis proprio gli agenti, una deriva a cui il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (nella foto) sta cercando di mettere una pezza, osteggiato dall'opposizione per la sua recente condanna. La sua vera colpa è aver rivelato l'azione di indebolimento del 41bis - legittima - promossa dal Pd e spifferata dall'anarchico Alfredo Cospito ad alcuni boss.
Sono tante le piccole crepe nella diga del sistema penitenziario negli ultimi 10-15 anni. L'innesco è la famosa «sentenza Torreggiani» con cui nel 2013 la Cedu di Strasburgo ci ha condannati per le condizioni inumane e degradanti. Per bypassare il problema delle celle troppo piccole le soluzioni erano due: diminuire i detenuti o costruire nuovi penitenziari. All'italiana si sono aperte le celle 8 ore al giorno, anche in regimi di alta sicurezza (un gradino sotto il 41 bis) per «trasformare» la cella in «stanza di pernottamento». Lasciando i detenuti circolare nei corridoi senza alcun controllo. Nonostante l'aumento delle pene alternative le carceri scoppiano, con 65mila detenuti su 49mila posti. Troppi i detenuti in attesa di giudizio (tralasciando i tanti innocenti), ci sono penitenziari al 150-200% della naturale capienza, l'indulto di Clemente Mastella nel 2006 aveva svuotato carceri che si sono rapidamente riempite, c'è un problema di organici. Dai 44mila posti si è passati a 40mila, con blocco del turnover e riforma del ministro Marianna Madia, oggi siamo fermi a 36mila. Chiuse due scuole di formazione, anziché far studiare loro attività di Pg, codice e procedura penale si fanno corsi di comunicazione. L'anno scorso ci sono stati solo 1.600 nuovi assunti su 2.400 pensionati, a gennaio si è bandito il concorso per altri 3.300.
A demotivare un mestiere con poco appeal è arrivato il reato di tortura. Chi sbaglia deve pagare, ma il reato «ha senso quando viene estorta una confessione», sottolinea al Giornale Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe. Invece infanga agenti coinvolti in presunte lesioni o percosse, che finiscono ingiustamente ai domiciliari, con sospensione dal servizio «fino a che l'ipotesi decade in primo grado come è successo a Reggio Emilia», sottolinea il sindacalista. «La violenza la respiriamo ogni giorno, non siamo robot», dice un agente vittima innocente di un processo dal quale è uscito prosciolto.
Un'altra mazzata è arrivata con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari sponsorizzata dall'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, strutture indegne ma non sostituite con soluzioni all'altezza. I malati di mente in custodia cautelare restano in carcere, come quelli borderline, chi è a piede libero e commette reati non è imputabili, la riforma di Rosi Bindi ha cancellato la sanità penitenziaria, è tutto è finito sulle spalle dell'Asl che fa fatica a trovare medici per curare chi è fuori...
Una sentenza della Consulta ha modificato il 4 bis, imponendo il divieto dell'automatismo «non collabori, non accedi ai benefici».
È tutto demandato alla Sorveglianza, con decisioni discutibili, vedi i permessi premio allo stesso detenuto che poi è evaso.Oggi a tenere è proprio il 41 bis, il carcere duro, che una consolidata giurisprudenza vorrebbe abolire come all'ergastolo ostativo. Proprio ciò che i boss vorrebbero.
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