Una prima carica di avvertimento. Colloquio Trump-Xi per il compromesso

Misure dimostrative reciproche, le Borse non abboccano. I due presidenti pronti a scongiurare uno scontro tornando all'accordo del 2020 (poi mai applicato)

Una prima carica di avvertimento. Colloquio Trump-Xi per il compromesso
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La Guerra dei Dazi lanciata da Donald Trump contro i tre principali partner commerciali degli Stati Uniti rimane finora un conflitto a bassa intensità. Dopo gli accordi raggiunti all'ultimo minuto (pausa di 30 giorni) con Messico e Canada, minacciati di tariffe del 25% su una serie di prodotti se non si fossero impegnati a combattere l'immigrazione illegale e il traffico di fentanyl ai rispettivi confini, ieri sono scattate le misure contro la Cina. Dazi «a tappeto» del 10% (con la minaccia di arrivare al 60%) su una vastissima gamma di prodotti made in China, come misura punitiva per il flusso dei prodotti chimici precursori del fentanyl, che finiscono nei laboratori messicani e poi varcano il confine con gli Usa, falcidiando ogni anno le vite di decine di migliaia di americani. Una «prima salva», l'ha definita Trump. «Se non riusciremo a raggiungere un accordo con la Cina, allora i dazi saranno molto, molto consistenti», l'avvertimento.

Immediata la reazione di Pechino, che un minuto dopo l'entrata in vigore dei dazi Usa ha annunciato le proprie misure, che dovrebbero scattare dal 14 febbraio: dazi del 15% sui prodotti derivati dal carbone e dal gas naturale liquefatto, nonché del 10% su greggio, macchinari agricoli e auto di grandi dimensioni importati dagli Usa; restrizioni (ma non divieto) all'export di minerali usati per la fabbricazione di semiconduttori, sistemi missilistici e pannelli solari. Inoltre, Pechino ha annunciato l'apertura di un'indagine anti trust su Google (le cui operazioni in Cina sono da anni molto limitate), l'inserimento nella «lista nera» delle aziende estere dei brand Usa Tommy Hilfiger e Calvin Klein e la presentazione di un reclamo al Wto, che di fatto non avrà conseguenze pratiche. Una risposta misurata quella cinese, con una scelta accurata dei prodotti Usa da colpire per limitare per ora l'impatto sull'economia americana. Come del resto, rispetto a quanto annunciato per Canada e Messico, è stata misurata la «prima salva» sparata da Trump. Tutto, al momento, indicherebbe la volontà di Washington e Pechino di non lanciarsi in una vera e propria guerra commerciale.

Una telefonata tra Trump e Xi Jinping ci sarà «molto presto», ha annunciato martedì mattina la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. «Ma non oggi», ha chiarito poco dopo un funzionario dell'amministrazione Usa al Wall Street Journal. Il segnale conciliatorio lanciato da Pechino sembra essere stato colto dai mercati. Le Borse asiatiche hanno in maggioranza chiuso in rialzo. In crescita anche Wall Street, col pezzo del petrolio sceso sotto i 71 dollari al barile e poi tornato intorno ai 72. Pechino, secondo alcuni retroscena, ha già pronta la prossima mossa, ed è anch'essa orientata a scongiurare una guerra commerciale con gli Usa, che potrebbe rivelarsi dolorosa per un'economia cinese in difficoltà. E questo, sebbene negli ultimi anni il Dragone abbia diversificato molto i mercati del proprio export, divenendo il primo partner commerciale di ben 120 Paesi.

Xi Jinping sarebbe pronto a rilanciare l'accordo siglato con Trump nel 2020, due anni dopo la prima guerra commerciale scatenata dal tycoon, che prevedeva tra l'altro da parte cinese un aumento consistente dei prodotti agricoli Usa. Lo scoppio della pandemia di fatto impedì l'implementazione di quel protocollo.

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