La carica dei 101 contrassegni. In corsa pure un (finto) Draghi

Palazzo Chigi disconosce le formazioni col nome del premier. Sono 98 i soggetti in corsa, 48 ore per i controlli

La carica dei 101 contrassegni. In corsa pure un (finto) Draghi

La carica dei 101 simboli e dei 98 soggetti politici aspiranti candidati alle elezioni del 25 settembre. Sono stati depositati tra venerdì e ieri al Viminale che entro 48 ore dovrà vagliare l'elenco e accendere il semaforo verde o rosso per decidere così chi potrà correre alle Politiche. Ci saranno ulteriori due giorni per presentare eventuali integrazioni, modifiche o ricorsi. Dopo l'agenda Draghi, il nome del premier continua a essere protagonista della campagna elettorale, ma più che tirato per a giacchetta, usato come slogan pro o contro. Tra gli ultimi simboli depositati c'è «Italiani con Draghi - Rinascimento», unico logo con il nome del presidente del consiglio, accompagnato da una striscia tricolore. Un'iniziativa che «non ha nessun avallo» da parte di Draghi che «non era al corrente», fanno sapere da Palazzo Chigi. Motivo per cui potrebbe non essere ammesso, dato che le regole non consentono di presentare nel simbolo un nome senza il consenso del diretto interessato. «Il nostro nemico è Draghi e il sistema che ha chiuso gli italiani in casa», dicono invece Marco Rizzo, Antonio Ingroia ed Emanuele Dessì a scanso di equivoci, spiegando il loro simbolo «Italia sovrana e popolare». Sembra essere tornata tanta voglia di Dc al centro: da Libertas allo scudo crociato di «Noi moderati» al «Noi di Centro» di Clemente Mastella che rivendica di essere «l'ultimo erede, ancora presente nelle istituzioni democratiche, dei valori della Democrazia Cristiana».

«Quest'anno ci sono stati meno personaggi curiosi che hanno presentato il simbolo: alcuni di questi sono effettivamente nuovi, altri invece sono già consolidati, come Mirella Cece, depositaria e fondatrice del Sacro Romano Impero Cattolico», spiega all'Adnkronos Gabriele Maestri, giurista ed esperto di simboli, che nota anche una «discreta simbologia della Prima Repubblica che resiste, come il Partito Repubblicano Italiano con il suo simbolo storico, l'edera, o chi la reinterpreta, come il Partito Comunista Italiano o il Partito Liberale Italiano il cui simbolo è presente due volte. Ci sono poi dei simboli ufficiali collettivi - continua Maestri - che correranno alle elezioni legati alla possibilità dell'esenzione dal raccogliere firme o per cercare di raggiungere il 3% come Noi Popolari, ma anche Centro Democratico di Tabacci che ha permesso di non raccogliere firme a Impegno Civico di Di Maio, oppure Azione di Calenda che può presentarsi alle elezioni grazie a Italia Viva».

Molti sono rimasti gli stessi dell'ultima corsa, con piccole variazioni. Più Europa ha il contrassegno uguale a quello del 2018, col nome di Emma Bonino, indicata anche come capo politico. I big invece hanno confermato i simboli tradizionali, con la leader di Fratelli d'Italia che dopo le polemiche si dice fiera di mantenere la fiamma nel logo. Poi ci sono il M5s, con il suo solito «rosso», ma senza il nome di Conte, e il Pd che stavolta aggiunge al simbolo di sempre la scritta «Italia democratica e progressista». Stesso logo delle ultime elezioni anche per la Lega, «con Salvini Premier», a chiarire le ambizioni del leader. Non cambia neanche Forza Italia con Berlusconi presidente, ma aggiunge il riferimento al "partito popolare europeo" nel simbolo: è la prima volta di un rimando alla famiglia europea in una competizione nazionale. Il terzo polo di Calenda e Renzi, porta, come da accordi tra i due, il nome del leader di Azione nel contrassegno.

Ci sono poi i simboli dell'ex magistrato Luca Palamara, che non ha nascosto negli ultimi tempi l'aspirazione politica, e quelli di vecchie conoscenze come Adinolfi e l'ex Casapound Di Stefano.

Tra le stravaganze di ogni elezione si registrano il Partito della Follia del sedicente sessuologo dottor Seduction, la Rivoluzione Sanitaria di Panzironi, quello della presunta dieta-curativa, i Gilet Arancioni e i Forconi, Vita della no vax Sara Cunial, il Partito delle Buone Maniere.

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