Milano Carlo Acutis oggi avrebbe 29 anni e invece ne avrà per sempre 15. Ce lo dicono le sue spoglie, traslate nel Santuario della Spogliazione di Assisi il 6 aprile 2018 ed esposte al pubblico. E, segno inequivocabile della presenza di Dio, sono intatte, nonostante la leucemia fulminante che l'ha riconsegnato al cielo in tre giorni, Sono perfette come il suo cuore, racchiuso in un ostensorio nella basilica papale di San Francesco ad Assisi per diventare reliquia viaggiante a caccia di anime da salvare. Come Rajesh, induista e bramino, che si è convertito a Gesù e si è fatto battezzare cristiano «perché è stato Carlo che mi ha contagiato e folgorato con la sua profonda fede».
Ma ci sono anche altri corpi da salvare. Come Matheus, il piccolo brasiliano che a sei anni aveva un'anomalia, il pancreas biforcuto. Non mangiava, sarebbe morto, invece è guarito miracolosamente. Gli è bastato toccare un pezzo della maglietta di Carlo nella chiesa di San Sebastiano a Campo Grande, nell'ottobre 2010. Una guarigione che la scienza non sa spiegare, non può farlo ed è giusto così. Come la signora con il tumore al seno che dopo il funerale di Carlo è guarita, senza chemio. Come la donna milanese di 45 anni, rimasta miracolosamente incinta dopo una preghiera a Carlo.
«Nasciamo originali e moriamo fotocopie», scriveva sul suo pc il beato nato a Londra ma milanese di famiglia. A tre anni era già devoto alla Madonna per cui raccoglieva fiori nei parchi, forse per merito di Beata, la sua bambinaia polacca devota a papa Wojtyla. Gli piaceva entrare in chiesa («Dai mamma, andiamo a fare un saluto a Gesù, a dire una preghiera»), è affascinato dalle apparizioni mariane a Lourdes e Fatima, si ispira a Santa Bernardette Soubirous e ai Pastorelli. A dieci anni leggeva la Bibbia e le Scritture poi smanettava sul computer da autodidatta, convinto com'era che la Rete (siamo all'inizio del 2000) sarebbe potuta diventare «veicolo di evangelizzazione e di catechesi», e lo conferma la mostra virtuale www.miracolieucaristici.org. Una sua intuizione, nata dopo aver accompagnato i genitori al Meeting di Rimini nel 2002 e realizzata prima di morire, oggi una mostra che sta facendo il giro del mondo. A 12 recitava il rosario e faceva la comunione, ogni giorno. «Quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi». La prima è il 16 giugno 1998 nel monastero della Bernaga a Perego, vicino a Lecco. A soli 7 anni. Era la sua «autostrada per il cielo». Aiutava i senza tetto all'Arco della Pace con pasti caldi e sacchi a pelo comprati con i risparmi, in una Milano dove non c'è posto per gli ultimi. Chi l'ha conosciuto, guardandolo uscire dal portone di uno stabile in via Ariosto, dove la famiglia vive dal 1994, o all'istituto delle suore Marcelline di piazza Tommaseo e infine al Leone XIII, il liceo dei gesuiti, sa che la tristezza non gli apparteneva, anzi era «lo sguardo rivolto verso se stessi. La felicità è lo sguardo rivolto verso Dio», diceva.
Esattamente 14 anni fa entra al San Gerardo di Monza dove gli viene diagnosticata la leucemia fulminante, il tipo M3, la peggiore. Se ne va con un sorriso, sapeva che la sua vita era al termine: «Da qui non uscirò vivo», dirà alla madre. Come racconta lei stessa a Stefano Lorenzetto sul Corriere della Sera: «Pochi giorni dopo il funerale, all'alba fui svegliata da una voce: Testamento. Frugai in camera sua, pensavo di trovarvi uno scritto. Nulla. Accesi il pc, lo strumento che preferiva. Sul desktop c'era un filmato brevissimo che si era girato da solo ad Assisi tre mesi prima: Quando peserò 70 chili, sono destinato a morire. E guardava spensierato il cielo».
Era un santo già sulla Terra, Carlo. Di lui ci resta la sua vita e le sue azioni da ragazzo con il sole nel cuore.
Sarà il patrono di internet, anche se avrebbe preferito farsi sacerdote, non certo l'influencer per conto di Dio, e chissà quanto ci sarebbe servita la sua testimonianza in questi tempi di arida resa all'Io. Ma al Signore evidentemente serviva di più in cielo.
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