Chi è Carlo Nordio, nuovo ministro alla Giustizia. Rifiutò il "non poteva non sapere" di Tangentopoli

Il nuovo Guardasigilli è stato magistrato per 40 anni. Si è occupato di Brigate rosse, sequestri, Tangentopoli e scandalo per il Mose. Per aver detto, in un'intervista, che in un determinato periodo tutti i partiti venivano finanziati in modo illegale e clandestino, fu chiamato a giustificarsi davanti dai probiviri dell'Anm

Chi è Carlo Nordio, nuovo ministro alla Giustizia. Rifiutò il "non poteva non sapere" di Tangentopoli

Il nuovo ministro della Giustizia è Carlo Nordio, 75 anni, ex magistrato, eletto alla Camera il 25 settembre con un record di preferenze (56,4%) in un collegio uninominale del Veneto, in quota Fratelli d'Italia. Nei suoi quarant'anni con la toga si trovò ad affrontare questioni spinose, dalle indagini sulle Br ai sequestri di persona, dalle inchieste sulle cooperative rosse durante Tangentopoli, allo scandalo per il Mose a Venezia, che portò all'arresto di 35 persone.

Convinto garantista, Nordio si è sempre occupato dei temi legati alla sua professione, scrivendo libri e articoli su diversi quotidiani e intervenendo in tv. Fautore della separazione delle carriere in magistratura, è stato uno degli esponenti di spicco del Comitato per il sì nei recenti referendum per la Giustizia.

"La prima cosa da fare - ha detto dopo essere stato eletto al Parlamento - è accelerare i processi, che hanno tra l’altro un forte impatto sull’economia, che ci costa due punti di Pil. In questo momento l’aspetto più importante, ancora più della separazione delle carriere, del Csm è l’impatto che sull’economia può avere la giustizia".

Rifiutò il "non poteva non sapere"

Nell'indagine sulle Coop rosse cercò di scavare a fondo sul sistema con cui il più grande partito della sinistra, il Pci-Pds, si finanziava illecitamente. Nei confronti di Massimo D'Alema, tuttavia, chiese l'archivazione, rifiutando di applicare la formuletta "non poteva non sapere" di cui il pool di Milano, invece, aveva fatto largo uso contro Craxi e non solo. "La magistratura ha usato una mano pesantissima - disse in un'intervista a Tempi -. Io sono stato uno dei primi ad ammettere che, qualche volta, eravamo intervenuti anche troppo pesantemente per far parlare gli arrestati. Ma è stato così perché abbiamo scoperto l’inferno. Abbiamo aperto il pentolone e visto una realtà devastante. Tutto era stato 'tangentato', da tutti. Poi era facile scoprirne alcuni e più difficile con altri, però questo era il sistema".

"L'Anm mi convocò a Roma"

Nel 1997 la giunta dell’Associazione nazionale magistrati, guidata da Elena Paciotti, lo convoca a Roma per un’audizione davanti ai probiviri. Questo il racconto che Nordio affidò al Corriere della sera nel 2008: "Mi chiamarono a causa delle interviste in cui avevo detto che la politica non era poi così corrotta come sembrava perché in Italia solo in un determinato periodo tutti i partiti, e sottolineo tutti, venivano finanziati in modo illegale e clandestino...".

"Questione morale? Espressione impropria"

Parole a dir poco sorprendenti, per quei tempi, visto che la sinistra ex comunista da anni marciava con la tesi che solo alcuni partiti si fossero sporcati con le tangenti. Nordio proseguì il racconto con questa riflessione: "Avendo indagato a fondo sul vecchio Pci posso dire che l’espressione 'questione morale' è impropria, ambigua. Perché è stata usata da un partito che non aveva nessuna legittimazione a dare lezioni di moralità tenuto conto che il Pci veniva finanziato dall’Urss, ovvero da un Paese nemico. In senso strettamente politico, si può dire che neanche Berlinguer avesse la patente di moralità visto che i soldi al partito arrivavano dall’Unione Sovietica. Non esistevano partiti peggiori e partiti migliori: in questo senso Craxi aveva ragione". Dalle Botteghe Oscure non la presero bene. "Quel magistrato adotta metodi fascisti", disse l'onorevole Pietro Folena. Quanto alle richiesta di archiviazione per D’Alema e Occhetto, chiarì: "Lo rifarei anche oggi perché il principio secondo il quale il segretario del partito 'non poteva non sapere', per me, è un principio incivile. E poi non si può addebitare ai dirigenti il finanziamento illecito: lo stesso Di Pietro, che oggi sulla polemica tra procure difende l’indifendibile, da pm trovò il miliardo arrivato a Botteghe Oscure ma poi non riuscì a trovare a chi era andata la valigetta... La responsabilità penale è personale". A farsi "interrogare" dall'Anm Nordio non andò mai. In un'interviata concessa al Tg1 disse: "Io a Roma non ci vengo neanche dipinto perché è un metodo stalinista". La querelle finì lì.

L'invasione della magistratura nella politica

"La magistratura ha occupato un vuoto di potere che già si era manifestato chiaramente - dichiarò nell'intervista a Tempi citata sopra -. Quel vuoto raggiunse il suo momento più evidente, con la subalternità se non con la viltà della politica, proprio con quei due decreti che furono entrambi ritirati. Nel secondo caso, i “quattro cavalieri” del pool andarono in tv e proclamarono: 'Questo decreto non ha da passare, altrimenti ci dimettiamo'. Lì iniziò la frana della politica. Perché la sua reazione fu: 'È un’invasione di campo intollerabile, un colpo di Stato delle toghe'. Ma il decreto venne ritirato. Una politica seria avrebbe dovuto fare il contrario, e rispondere così: 'Voi siete quattro pm che vanno in televisione a chiedere un atto politico, cioè il ritiro di un decreto. Primo: non potreste farlo se foste giudici, ma poiché siete pm noi vi riconosciamo il diritto di farlo e quindi da domani separiamo le carriere. Secondo: avete annunciato che ve ne andrete se il vostro appello non sarà accolto. Benissimo, noi manteniamo il decreto, voi fate quel che volete'. Invece è successo il contrario: la politica ha protestato, come certi cagnolini, ma poi si è tirata indietro. Le dighe si sono rotte e i magistrati hanno capito che potevano fare quello che volevano. E lì è iniziata anche la loro discesa in campo in politica, come non era mai accaduto".

Numerosi impegni collaterali

Nordio è stato consulente della Commissione parlamentare per il terrorismo, presidente della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale e coordinatore della Commissione di studio di Palazzo Chigi e del Ministero per gli affari regionali sullo status degli amministratori locali. Editorialista dei quotidiani il Messaggero e Gazzettino, fa parte del Cda della Fondazione Venezia, della Fondazione Einaudi e del Comitato bioetico della USL2 Treviso. Nel 2018 e 2019 è stato presidente della giuria del premio letterario Campiello. Dal 5 dicembre 2018 è componente del consiglio di amministrazione della Fondazione Luigi Einaudi Onlus.

I libri scritti da Nordio

Giustizia (Guerini e Associati 1997); Emergenza Giustizia (Guerini e Associati 1999); Crainquebille di Anatole France (Liberilibri 2002); In attesa di giustizia

(Guerini e Associati 2010); Operazione Grifone (2014); Overlord (2016); La stagione dell’indulgenza (Guerini e Associati 2019) Giustizia. Ultimo atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura (Guerini e Associati 2022).

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